di Gianluigi Mattietti
La splendida chiesa di San Giovanni Evangelista di Parma, famosa per gli affreschi del Correggio e del Parmigianino ha fatto da cornice all’oratorio di Händel Il trionfo del Tempo e del Disinganno, una produzione della Fondazione Teatro Due, affidata al suo ensemble in residenza, l’Orchestra Europa Galante, alla direzione di Fabio Biondi, a un allestimento in forma semi-scenica firmato da Walter Le Mol.
Quasi un evento, in una città dove la musica barocca latita. Rispetto alla sontuosità dello spazio, lo spettacolo era improntato all’essenzialità sia nella scenografia (di Tiziano Santi) che nella gestualità: davanti all’altare, era posto un grande specchio, strumento privilegiato della vanità, delle illusioni e dei disinganni, e lì, sul presbiterio, si alternavano i quattro personaggi con movimenti brevi e lenti, avvolti in lussuosi costumi (di Gabriele Mayer), allegorici come i personaggi (il mantello del Disinganno era ad esempio da un lato completamente nero, dall’altro ricoperto di fiammeggianti ricami dorati). Le arie, i duetti, i quartetti dell’oratorio si succedevano quindi come una serie di tableaux vivants, illuminati in maniera sempre diversa (luci di Claudio Coloretti), ma poco, lasciando emergere un complessivo effetto di penombra che spingeva spesso gli sguardi piuttosto verso i meravigliosi affreschi della chiesa. La sobria drammatizzazione, lungi dall’attualizzare il libretto del cardinale Pamphilj, o dal sovrapporgli connotazioni di tipo narrativo, coglieva bene le contrapposizioni dialettiche, le dinamiche emotive, i contenuti morali che animavano il dialogo tra le quattro figure sulla scena. Peccato che mancassero i soprattitoli.
Nel ruolo della Bellezza era il soprano Francesca Lombardi Mazzulli, voce sensuale, dotata della giusta agilità, e molto duttile nell’espressione, languida e commovente nell’aria «Io sperai trovar nel vero», febbrile in «Un pensiero nemico di pace», estatica nell’ultima aria «Tu del Ciel ministro eletto». Voce ampia, dotata di buon istinto drammatico era quella del mezzosoprano Arianna Rinaldi nei panni del Piacere, più a suo agio nelle arie lente e cariche di pathos, come «Lascia la spina», che nell’agilità di «Come nembo che fugge col vento». Buona tecnica e bel fraseggio sfoggiava anche il tenore Francesco Marsiglia nei panni del Tempo, sempre solenne e austero. Meno convincente il Disinganno di Vivica Genaux, ottima attrice, appassionata, ma più incline alla recitazione che al canto. Biondi seguiva le voci con grande sensibilità (ha anche scritto personalmente tutte le ornamentazioni per le voci, per dare coerenza al disegno espressivo) e un perfetto senso dei tempi teatrali. La sua lettura appariva equilibrata, con una attenzione al canto che non relegava in secondo piano il virtuosismo strumentale (con l’orchestra davanti ai cantanti, proprio sotto la cupola). Il suono era nitido, asciutto, e al contempo vibrante, nonostante l’acustica tremenda: l’abbazia di San Giovanni Evangelista è una chiesa bellissima da vedere, non da sentire.