Una scelta coraggiosa quella dell’Istituzione Universitaria dei Concerti (IUC) di Roma di proporre, in prima esecuzione italiana, la Passione secondo San Marco del compositore polacco contemporaneo Paweł Mykietyn.
Il concerto, svoltosi il 9 aprile scorso presso l’Aula Magna della Sapienza Università di Roma, è stato organizzato grazie alla sinergia tra la IUC, il Ministero di Cultura e del Patrimonio Nazionale della Repubblica di Polonia, l’Istituto Adam Mickiewicz di Varsavia e l’Istituto Polacco di Roma con il sostegno della casa editrice polacca PWM (Polskie Wydawnictwo Muzyczne). La rappresentazione è stata preceduta dal convegno musicologico dal titolo PERSPEKTYWY/PROSPETTIVE. Punti di ascolto e di vista sulla musica attuale polacca che ha visto alternarsi studiosi polacchi e italiani nell’illustrare aspetti dell’opera di Mykietyn, nonché delle attuali correnti della musica polacca. Da questo fruttuoso scambio è emersa la grande ricchezza della proposta polacca nel campo di musica nuova segnata dal massiccio utilizzo delle nuove tecnologie e dalla multidisciplinarietà dell’approccio alla musica che spazia tra il suono, l’immagine e la performance corporea, a volte dello stesso compositore. L’avanguardia polacca, soprattutto quella dei compositori nativi degli anni ’80, denuncia i problemi sociali, la discriminazione e l’identità di genere, creando un filo di continuità con le avanguardie del XX secolo, ma con inediti mezzi di espressione.
La Passione secondo San Marco di Mykietyn, dedicata al direttore d’orchestra Andrzej Kosendiak, risale agli anni 2007-2008. Commissionata dalla città di Wrocław ed eseguita in prima assoluta durante la 43ma edizione del Festival Vratislavia Cantans (diretto in quell’anno da Paul McCreesh), propone una versione della Passione vissuta a ritroso, che inizia con la morte di Cristo sulla croce e si conclude al momento dell’arresto e del bacio di Giuda. L’opera è basata sul testo del Vangelo secondo San Marco e sui frammenti del Libro di Isaia nella traduzione in ebraico di Franz Delitzsch del 1877. Il fatto di usare la lingua originale radica la Passione nel contesto storico e culturale antico. L’unica parte ad essere eseguita in lingua moderna è quella del Pilato che si adatta al luogo in cui l’opera viene rappresentata. L’organico utilizzato prevede un ensemble strumentale da camera, che include le sonorità moderne dei sax, delle chitarre elettriche, della batteria e del live electronics, oltre ai solisti e ai due cori: uno misto che presenta la figura e la vita di Cristo e uno di voci bianche, che simboleggia la folla (originariamente i cori dei ragazzi erano tre). Quello che colpisce maggiormente è la scelta del compositore di usare le voci femminili per le parti dei protagonisti maschili tranne che per quella recitata di Pilato. Cristo è infatti un mezzosoprano, mentre la parte di Giuda è affidata a una “vox naturale”, interpretata da una cantante pop rock polacca. La performance romana ha visto tra gli interpreti un’altra sinergia polacco-italiana con la fusione di ensemble e solisti di entrambi paesi. Nella parte di Cristo si è esibita la figura di spicco del panorama canoro polacco, il mezzosoprano Urszula Kryger, accanto alla pop star Kasia Moś, mentre il ruolo recitato di Pilato è stato affidato all’attore romano Luca Di Prospero. La parte strumentale è stata interpretata dall’Orchestra da Camera polacca AUKSO di Tychy, diretta da Marek Moś, mentre le parti corali son state eseguite dal Ready-Made Ensemble diretto da Giuliano Mazzini e dal Coro di Voci Bianche dell’Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma diretto da Piero Monti.
Parlare della Passione secondo San Marco di Mykietyn non è un compito semplice né lineare, come non è lineare né semplice l’opera stessa, per cui prima di addentrarcisi va considerato il background del compositore con la propensione verso una ricerca incessante di sonorità nuove e inaspettate. Mykietyn è considerato un artista postmoderno, un “personaggio-simbolo… della sua generazione” (Jan Topolski). È un artista difficilmente inquadrabile in una stretta definizione musicologica che in ogni caso potrebbe risultare riduttiva. Quello che si può constatare è che Mykietyn opta per il recupero di uno strato emotivo dell’esperienza musicale che coinvolge l’ascoltatore in maniera totale e che anche in questo caso non gli permette di esprimere un giudizio estetico immediato: più che ascoltata l’opera di Mykietyn va vissuta in maniera profonda quasi viscerale. Essa si sviluppa lentamente e con mezzi sempre più elaborati e insistenti: i sensi vengono svegliati a poco a poco in un continuo crescendo sonoro e ritmico, dove solo il suono elettronico delle cicale, che intermezzano i cinque movimenti, ci distende momentaneamente dal dramma.
Urszula Kryger propone un’interpretazione sentita e coinvolgente, dalle statiche ma allo stesso tempo cariche di espressività ripetizioni iniziali, agli ampi glissando e ai salti intervallari; il mezzosoprano polacco presenta una figura di Cristo nostalgica e universale: un Cristo che perde la sua identità maschile e può essere chiunque, un Messia sorto dalla folla. Kasia Moś è sensuale e convincente, la sua vocalità pop rock spazia da un corposo registro grave alle morbide sonorità dei registri acuti; la cantante svela un’estensione e una omogeneità vocale notevoli. La sua interpretazione è quella più difficile da comprendere, apparentemente “fuori contesto”, ma tanto adatta all’ultima scena della Passione, in cui nelle vesti di Giuda indica Cristo come quello che sarà baciato. Le due cantanti si uniscono infatti in un bacio simbolico che Giuda pone sulla guancia di Cristo e che apre alle molteplici interpretazioni delle scelte compositive e drammaturgiche di Mykietyn. Il personaggio di Pilato presenta un approccio alla voce diverso che oltre ad essere recitata viene amplificata e trattata con una particolare freddezza. Pilato di Luca Di Prospero osserva i fatti senza un minimo coinvolgimento emotivo, persino nell’esclamazione: “Ecco l’uomo!” quando la sua voce rimane impassibile, nonostante una potente amplificazione.
Risulta molto riuscito dal punto di vista espressivo il Coro di Voci Bianche dell’Accademia Nazionale Santa Cecilia formato da pochi ma ben affiatati elementi. Il coro fa da “contrappunto” al Coro narrante, il Ready-Made Ensemble, che a tratti presenta poca sicurezza per quel che riguarda l’intonazione. Molto bene le voci maschili, che con profondità e declamazione impeccabili portano l’ascoltatore in una dimensione arcaica. Una nota va all’Orchestra da Camera AUKSO, specializzata nell’interpretazione di musica contemporanea, sia nella sua accezione colta che nel caso delle diverse contaminazioni tra jazz, rock, musica alternativa e sperimentale. I musicisti, che hanno lavorato a stretto contatto con il compositore (presente a Roma in occasione della prima esecuzione italiana) e sotto la sapiente guida di Marek Moś, affrontano la complessa partitura con grande disinvoltura. Mykietyn alterna gli strumenti acustici, in questo caso gli archi accordati per quarti di tono, i sassofoni e le percussioni, alla sezione ritmica amplificata e al live electronics, in un insieme inedito, una fusione di strumenti e di generi. La Passione di Mykietyn è un’opera di confine, che potrebbe giovarsi di una messa in scena volta a unire i diversi mondi. Priva di carattere solenne e tragico, la Passione svela un forte senso di nostalgia, che toglie alla storia di Cristo la sua dimensione teologica, rendendola più terrena e universale. Chissà se una interpretazione scenica o semiscenica al confine tra sacro e profano e tra colto e popolare possa aggiungere un valore a un’opera di tale carica simbolica ed espressiva.