di Monika Prusak
Il Teatro Massimo di Palermo propone un nuovo allestimento dell’opera di Donizetti nella lettura in chiave moderna di Damiano Michieletto, ripresa da Dan Dooner, in coproduzione con la Royal Opera House Covent Garden di Londra e l’Opéra di Parigi.
Quella di Don Pasquale è una vicenda semplice e lineare, da intrighi del tutto prevedibili e finale non troppo spettacolare. Tuttavia, il libretto di Giovanni Ruffini non manca di momenti spassosi, che donano all’azione il giusto carattere buffo. Sono pochi i personaggi e sono ridotti gli interventi del coro, per cui la messa in scena richiede una certa attenzione al dettaglio per quanto riguarda la scenografia, i costumi e il movimento scenico. Damiano Michieletto, famoso per le letture moderne e accattivanti (si ricordi lo spettacolare Elisir d’amore ambientato in spiaggia), ricrea per il suo Don Pasquale una ambientazione à la Lars Von Trier del Dogville: una sagoma della casa del protagonista, con porte e mobili, ma senza pareti, offre agli interpreti l’opportunità di muoversi in scena in maniera più spiritosa. Situata su una pedana mobile, la casa gira su se stessa, mostrando allo spettatore diversi ambienti con oggetti scenici curati meticolosamente. Dopo il finto matrimonio di Don Pasquale, la casa vintage viene trasformata in un appartamento ultramoderno con una Maserati in scena che rimpiazza la sua macchina storica. Solo il protagonista rimane immutato con un incolmabile senso di nostalgia che gli fa rivivere persino i momenti legati all’infanzia: un Don Pasquale in miniatura, che passeggia insieme alla mamma lungo il palcoscenico. Michieletto riempie la scena con le comparse e con il coro. I costumi sono coloratissimi per spezzare la monotonia del vestiario di Don Pasquale e il bianco accecante dell’abitazione dopo la ristrutturazione ordinata da Norina. Tra le scene di Paolo Fantin, spicca quella del set fotografico delle sfilate di moda dove Norina lavora come truccatrice: le tonalità accese del verde e le luci sfolgoranti si completano con l’argento luccicante dell’abito della protagonista, sdoppiata in una sua immagine proiettata su uno schermo gigante. Tra le comparse, sul palcoscenico, è presente infatti un cameraman professionista, Thomas Achitz. Le luci di Alessandro Carletti e i video di Roland Horvath di Roca Film integrano una messa in scena particolarmente riuscita ed elegante.
Inizialmente poco incisivo, Michele Spotti prosegue con una direzione dinamica e coinvolgente, di fronte a un cast perfettamente selezionato per un dramma buffo donizettiano. I protagonisti offrono una prova eccellente di espressività tipica del genere, sia vocale che scenica. L’unico personaggio femminile, Norina di Giuliana Gianfaldoni, è padrona indiscussa del palcoscenico: affascinante e intraprendente, ammalia lo spettatore con una voce belcantistica a tratti fin troppo omogenea e controllata per rendere il faceto. Ottimi i tre protagonisti maschili, Markus Werba in Dottor Malatesta, René Barbera in Ernesto e Michele Petrusi in Don Pasquale. Il temperamento di Werba, ospite frequente del teatro palermitano, rende il suo personaggio Malatesta credibile e avvincente. Più lirico e suadente, Ernesto di Barbera incanta con un timbro tenero e armonioso, nonostante un acuto risparmiato in falsetto. Risoluto e imbattibile Don Pasquale di Petrusi fa sbellicare dalle risate il pubblico del Teatro Massimo con la sua incontenibile gestualità. Una nota va al Notaio di Enrico Cossutta e al Coro del Teatro Massimo preparato da Salvatore Punturo.