Ad un mese dalla scomparsa del direttore d’orchestra tedesco vogliamo ricordare la sua figura umana e professionale
di Riccardo Rocca
Come già osservato da molti, Kurt Masur era un maestro d’altri tempi. Per tutti noi è oggi il simbolo di un’epoca gloriosa del Gewandhaus di Lipsia, di cui fu diciottesimo Kapellmeister tra il 1970 ed il 1996 e con il quale il 3 ottobre 1990 eseguì la Nona di Beethoven in occasione della riunificazione tedesca; tra il 1991 ed il 2002 fu successivamente il traghettatore della New York Philharmonic nel nuovo millennio, dirigendo pochi giorni dopo l’11 settembre 2001 il Deutsches Requiem di Brahms alla Avery Fisher Hall di New York.
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Kurt Masur era custode di un modo di far musica ispirato a valori di pace e serenità oggi lontani dai ritmi e dalle inquietudini delle nuove generazioni. ‘Für ihn war Musik Gebet und Gebet gleichsam Musik‘ (‘Per lui la musica era preghiera e la preghiera era come musica’): così è stato ricordato il maestro lo scorso 14 gennaio durante la cerimonia funebre nella Thomaskirche di Lipsia, città nel cui Südfriedhof ora riposano le sue ceneri. Per Masur, nato nel 1927 a Brieg in Slesia — oggi Brzeg in Polonia — e morto a dicembre in Connecticut, il ritorno a Lipsia è significativo del particolare legame costruito con la città durante un’epoca nella quale si distinse come uno dei maggiori difensori della rivoluzione pacifica del 1989.
Direttore d’altri tempi Masur lo era dunque secondo un’accezione quasi letterale, ossia in virtù di una testimonianza musicale tanto viva ed intensa da identificarsi con le circostanze storiche che esprimeva; pur senza essere uno sbandieratore della cosiddetta prassi esecutiva storicamente informata, Masur era un musicista curioso ed aperto a nuovi sviluppi ed approfondimenti oltreché dal 2003 membro d’onore del Verein Beethoven-Haus di Bonn. Diversi sono i dischi da lui incisi, dei quali almeno uno è amato senza riserve da ogni musicofilo: la magica incisione Philips del 1982 dei Lieder di Strauss con Jessye Norman ed il Gewandhaus.
Chi ha avuto la fortuna di assistere ai suoi ultimi concerti e magari di conoscerlo da vicino è rimasto colpito da uno sguardo che, vispo e amichevole, tradiva dietro i gravi impedimenti dell’età e della malattia l’entusiasmo di un bambino. Chi era presente al Teatro Ponchielli di Cremona il 23 maggio 2008 ricorda con tenerezza quando, in una piccola pausa tra due dei pezzi in programma, al vagito di un bebè tra il pubblico Masur si voltò verso la sua voce e sorridendo rispose: “È vero!”.
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