Sappiamo che Beethoven era il genio tormentato dall’ansia della perfezione, deciso nella volontà di creare qualcosa di esattamente aderente all’Idea: sommerso dalle carte, che scrive e poi riscrive. La musicologia si esercita da sempre nello studio dei famosi abbozzi beethoveniani, prodotti in quantità davvero notevole dal compositore, in maniera quasi compulsiva.
Ebbene, il Proffessor Barry Cooper dell’Università di Manchester sembra essere riuscito nel ricostruire una parte del secondo movimento del Quartetto op. 18 n.2 (1799) attraverso un’accurata operazione analitica (per tutte e settantaquattro le battute in questione) degli schizzi dell’opera. Invero la loro esistenza era stata accertata già dal 1977, ma essi non furono mai ritrovati e perciò ritenuti perduti.
La versione definitiva del Quartetto, quella che noi oggi ascoltiamo, fu il frutto di una revisione da parte del compositore rispetto ad un originale, nel quale parte del secondo movimento doveva suonare differente. In luogo della vivace ma dolce sezione centrale, gli abbozzi suggeriscono un passaggio più secco e agitato, che all’orecchio dell’ascoltatore odierno (e all’occhio dello studioso) pare davvero verosimile.
Ad introdurre la riscoperta, il Professor David Fanning, collega di Cooper, impossibilitato a presenziare a causa di una operazione chirurgica. Il pubblico di studenti, musicologi e compositori è unanime nell’assegnare un giudizio di larga attendibilità alla ricostruzione.
Laura Bigi