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di Andrea Bellini
Rispetto della tradizione ed apertura alla contemporaneità. È nel segno di questa apparente contraddizione che risiede il valore aggiunto con cui il Bologna Festival, giunto alla sua 31a edizione, intende proseguire il suo personalissimo cammino nel panorama delle rassegne di musica del nostro Paese. Un progetto a più dimensioni, che si compenetrano e si completano vicendevolmente, come tanti rivoli di un unico corso d’acqua, che rappresenta un punto fermo culturale sempre più importante a Bologna, tanto più in un periodo come questo di così grandi difficoltà economiche, soprattutto per le Istituzioni.
In quest’ottica assume ancora più valore l’invito del Ravenna Festival ad una collaborazione che nasce quest’anno e che si concretizzerà nel concerto (il 27 aprile al Pala De Andrè di Ravenna) della prestigiosa Chicago Symphony Orchestra diretta da Riccardo Muti e che gli abbonati del Bologna Festival potranno vedere. Pur mantenendosi lontano dal glamour o alla ricerca dell’evento fine a sé stesso solo per accalappiare un pubblico più vasto, anzi per fidelizzare ancora di più una schiera di veri appassionati, la straordinarietà dell’evento è data anche dal particolare programma che l’orchestra statunitense, una della più importanti compagini del mondo, proporrà, ovvero la Quinta Sinfonia di Dmitri Šostakovič, opera con un forte spettro emotivo, raramente diretta da Muti, e Morte e trasfigurazione di Richard Strauss, entrambe pagine di grande effetto ed impegno esecutivo. Completano la serata gli splendidi ballabili del viscontiano Il Gattopardo elaborati in una Suite sinfonica che mostra la sapienza di Rota nel maneggiare materiali noti ottocenteschi.
La tradizione trova conferma nella consueta articolazione nelle sezioni Grandi Interpreti (18 marzo – 13 settembre), Talenti (23 marzo – 7 giugno), Il Nuovo l’Antico (20 settembre – 30 novembre) e con le due proposte per il pubblico più piccolo, Baby Bofè e Note sul registro, queste ultime con finalità didattiche e formative. Il Festival amplia la sua attività sino alla fine di novembre, aumentando il numero dei concerti e aprendo a nuove collaborazioni con istituzioni musicali bolognesi e regionali, mantenendo pressoché invariati i costi degli abbonamenti, sforzo importante in un momento così delicato per il Paese e per le iniziative culturali in genere. Tradizione che non vuol dire certo conservatorismo ma al contrario che volge lo sguardo verso quei possibili percorsi futuri che la musica può (e deve) prendere.
Sarà affidata alla bacchetta di Antonio Pappano accompagnato dall’Orchestra di Santa Cecilia, che l’apertura, domenica 18 marzo, di questo XXXI Bologna Festival, con un capolavoro del sinfonismo tardo ottocentesco come l’Ottava Sinfonia di Anton Bruckner, che nelle previsioni si attende con grande impazienza. E’ noto infatti che la recezione di Bruckner in Italia è stata per molti anni pressoché nulla, figlia di un ottuso provincialismo – militante ed ideologico – di molta critica italica, come ben sottolineato dal direttore artistico Marco Messinis citando Fedele d’Amico che affermò di preferire un vocalizzo della Callas a tutte le sue sinfonie, senza vedere nell’opera brukneiana qeugli elementi che vedranno compiutamente la luce nell’opera di Gustav Mahler.
Per gli amanti del pianoforte, ecco il ritorno sulle scene di Alexander Lonquich (il 3 aprile) che propone Stockhausen, Debussy e Schubert e Grigory Sokolov (27 maggio), che invece passeggia tra classicismo e tardo romanticismo da Rameau a Mozart fino a Brahms, sempre nella sezione Grandi Interpreti. Sarà interessante soprattuto ascoltare un Lonquich che propone una nuova idea interpretativa, filtrata dallo studio attento dell’antico come pure delle nuove avanguardie. Per il pianista russo invece, la maturità gli permette di affrontare ad “armi pari” sia le monumentali Variazioni su un tema di Handel di Brahms come le miniature della Suite in re di Rameau. Per la sezione Talenti, due giovani ormai assurti alla notorietà nel concertismo internazionale, il tedesco Herbert Schuch, ed il giovanissimo Leonardo Pierdomenico vincitore del Premio Venezia 2011, il primo con un accattivante doppio accostamento Skriabin-Schoenberg e Liszt-Schubert (11 aprile), il secondo ancora con Liszt e poi Chopin e Bartok e, di particolare interesse, due Studi di Gyorgy Ligeti (7 giugno).
Per chi desidera abbeverarsi alle fonti della filologia applicata agli aspetti esecutivi, si consiglia il concerto del 21 maggio in cui Frans Bruggen, per lungo tempo dedito a Bach ed al barocco, ora apertosi al classicismo ed al primo romanticismo, presenta, assieme all’Orchestra del XVIII secolo la Settima Sinfonia di Beethoven ed il Concerto per clarinetto di Mozart. Bruggen è uno degli alfieri della ricerca, utopistica se si vuole, che cerca di ricostruire il suono di un’epoca, ricerca importante soprattuto per riscoprire elementi che l’Ottocento aveva arbitrariamente sepolto.
Due importanti appuntamenti imperniati sulla vocalità: La Messa in si minore di Bach (28 marzo) e l’Israele in Egitto di Handel (8 maggio). Helmuth Rilling dirige il capolavoro bachiano, ed è in qualche modo l’altra faccia della moderna filologia in quanto egli cerca di conciliare la ricerca sugli strumenti moderni, il che lo accomuna alle esperienze di Chailly col Gewandhause di Lipsia, anche lui compreso in uno scavo filologico adattato sugli strumenti di oggi, di cui proprio Rilling è una specie di profeta. Questo Israel in Egypt, inserito anche nel programma Il Nuovo L’Antico nella sottosezione Intorno ad Handel è lavoro complesso e nasce espressamente per il Bologna Festival con la direzione del britannico Nicholas McGegan, il quale invece è molto più filologico, artefice della riscoperta del teatro barocco, e che per questo lavoro si avvale della ungherese Cappella Savaria e del Coro del Collegio Ghislieri. Completano il calendario il Quartetto di Tokyo accompagnati dal pianista Louis Lortie e, novità di quest’anno, il ritorno delle Feste Musicali che propongono un interessante programma di melologhi musicati da Strauss, Liszt, Schumann su testi di Tolstoj, Hebbel e Shelley tra gli altri, e in prima assoluta l’Antifona di Livia Livi musicata da Cesare Augusto Grandi. La voce sarà affidata ad un noto personaggio televisivo e cinematografico, l’attrice Stefania Rocca accompagnata nell’occasione da Stefano Malferrari al pianoforte, Paola Pellucci, arpa e Luca Delpriori, corno.
L’intreccio Bach-Handel si intensifica ne Il Nuovo L’Antico, dove, in un programma quantomai articolato, insieme ai due campioni del barocco tedesco si intrecciano le figure di Arnold Schoenberg e di Wolfgang Rihm i due compositori accoppiati quest’anno per la sottosezione dedicata alla contemporaneità e che “incrocerà” in autunno la seconda parte del progetto The Schoenberg Experience, cominciato alla fine del 2011. Dopo il successo dell’anno scorso della proposta Debussy-Boulez ancora un’occasione per accostare un compositore ormai storicizzato ed uno ancora vivente ma con un’idea di musica ormai già entrata nei favori del pubblico; lo stesso Rihm è atteso a settembre in città per un ciclo di conferenze che coinvolgeranno necessariamente la figura del predecessore viennese. Come di consueto, sarà l’Oratorio San Filippo Neri ad ospitare i concerti, tra cui spiccano soprattutto quello del pianista fiammingo Ian Michiels, con un suggestivo “a spasso nel tempo” tra Schoenberg, Rihm e colui che forse ha più di ogni altri influenzato soprattutto il primo, ovvero Brahms, e quello del Quartetto di Cremona, dove il ruolo di “terzo incomodo” stavolta toccherà a Schumann con il suo Quartetto n.1. Il ricco programma, che sarà presentato più diffusamente in autunno, ospiterà anche altri importanti compagini, come il Trio di Parma assieme al clarinetto di Alessandro Carbonare, il duo tutto al femminile Berthaud-LeGuay (viola e pianoforte), Premio del pubblico 2011, il Coro del Teatro Comunale diretto da Lorenzo Fratini con un programma Bach-Schoenberg-Rihm e a concludere il violino di Isabelle Faust con l’integrale delle Partite e Sonate a solo di Bach in due concerti consecutivi (data questa ancora da definire).
Per concludere, ancora nella sezione Talenti, il trio Armellini-Marzadori anche questo progetto nato in seno al Bologna Festival composta dai giovanissimi Leonora Armellini (pf) il fratello Ludovico (vc) e la violinista bolognese Laura Marzadori (16 aprile, musiche di Beethoven, ancora Šostakovič e Mendelssohn). Il direttore e pianista Pierpaolo Maurizzi, già applaudito l’anno passato col suo Überbrettl Ensemble si presenterà in due vesti, come direttore dell’Ensemble di Musica da camera “Arrigo Boito” di Parma, un’altra importante collaborazione con una realtà musicale emiliana (Schoenberg, Mahler) e come pianista assieme al mezzosoprano Martina Belli. Completano il quadro il francese Quartetto Cambini, il Trio Albrizzi con la voce di Laura Polverelli, il complesso de La Venexiana condotto da Claudio Cavina ed infine L’Estravagante assieme al violino di Stefano Montanari in un suggestivo confronto tra la grande tradizione violinistica italiana (Corelli e Vivaldi) e Handel.
Informazioni su ticket ed abbonamenti alla Biglietteria Bologna Welcome, P.zza Maggiore 1/E, tel. 051231454 (ma-sa, 13-19) e sul sito www.bolognafestival.it a partire dal 31 gennaio.
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