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Lunedì 16 gennaio si è tenuto, presso l’Auditorium Parco della musica di Roma, il primo dei quattro concerti dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia guidati da Antonio Pappano inseriti nella manifestazione PappanoinWeb. Il programma del concerto ha visto l’esecuzione dell’Ouverture La scala di seta di Rossini, la Sinfonia concertante di Haydn Hob. 105 e nella seconda parte il Requiem K 626 in re minore di Mozart. Questa sera la seconda guida all’ascolto in streaming dedicata al concerto per violoncello di Dvořák
di Mario Leone
Oltre alla bellezza del programma la serata di lunedì ha acquistato maggiore risonanza perché inserita nel progetto PappanoinWeb, lodevole iniziativa frutto della collaborazione tra l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Telecom Italia di cui abbiamo parlato qui, che offre a tutti gli utenti della rete la possibilità di partecipare in diretta e gratuitamente a quattro guide all’ascolto che precedono altrettanti concerti, semplicemente collegandosi a questo sito. Un tutto esaurito in sala e prevedibilmente anche sulla rete, attenta ed evidentemente sempre più legata a questa tipologia di iniziative. Pappano presentando i concerti ha sottolineato la gioia di collaborare con orchestra e coro di Santa Cecilia, di lavorare con dei giovani solisti (cantanti e strumentisti) e di ritornare a dirigere dopo molti anni il Requiem. «Spero –dice infatti il neo-baronetto nel video introduttivo ai concerti, riferendosi al capolavoro mozartiano– di riscoprire per me stesso questo pezzo molto speciale».
La serata si è aperta con l’Ouverture dalla Scala di seta di Rossini. Pappano sottolinea la vivacità e la bizzarrìa insita nella partitura staccando un tempo travolgente, marcando i colori e i repentini passaggi, i momenti guizzanti e le sognanti melodie come quelle dell’oboe (da sottolineare la superba prova di Francesco Di Rosa, primo oboe dell’orchestra e solista nella Sinfonia concertante di Haydn). Un vortice di temi in una fitta trama di rimandi, “sberleffi” musicali che ricordano l’ironia haydniana e mozartiana. Nell’interpretazione di Pappano, come sempre attenta ed accurata, è evidente l’intento di una lettura fedele e precisa che rivela un taglio che oseremmo definire cameristico nella concertazione. La Sinfonia concertante Hob. 105 di Haydn è una composizione impegnativa e banco di prova non indifferente per i solisti e per tutta la compagine orchestrale. L’esecuzione, a nostro avviso nel primo movimento troppo sommessa, prende quota via via con il susseguirsi dei movimenti, nei quali i quattro solisti entrano più in dialogo tra di loro e con l’orchestra. Particolare menzione merita l’ultimo movimento, l’Allegro con spirito, nel quale Carlo Maria Parazzoli (violino), Gabriele Geminiani (violoncello), il già citato Francesco Di Rosa (oboe) e Andrea Zucco (fagotto), hanno reso con unità interpretativa la scrittura virtuosistica della partitura mettendone in rilievo il piglio, la brillantezza e la sintonia con l’orchestra, che ben ha dialogato e supportato i solisti.
Nel Requiem K 626 di Mozart Pappano, il direttore del coro Ciro Visco e i quattro solisti (il soprano AilynPérez, il mezzosoprano Marianna Pizzolato, il Tenore Antonio Poli e il Basso Vito Priante) hanno cercato di esaltare prima di tutto la densità e la drammaticità del testo, utilizzando tempi moderati soprattutto nelle parti fugate e marcando i contrasti dinamici di questa pagina nella quale il dramma dell’uomo incrocia la misericordia divina. Buona la prova dei giovani solisti, particolarmente a suo agio la Pizzolato che incanta per fraseggio e timbro. Il quartetto vocale ha dimostrato una buona sintonia durante tutto il corso della messa ed in particolare nel Recordare, dove fraseggio, dinamica e costruzione formale offrono all’ascolto interessanti spunti di riflessione. Splendido il Confutatis che diventa come un “grande levare” verso il Lacrimosa. Ed allora ci permettiamo di interpretare l’esecuzione del Coro e dell’Orchestra di Santa Cecilia come la proposta di un viaggio non più dalle tenebre alla luce, ma dalla luce alla luce eterna, suggellando questo percorso con il quia tu es pius delicatamente declamato dal coro, ultime parole proposte come unica e ragionevole speranza.
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