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L’ensemble Algoritmo diretto da Marco Angius registra alcune opere di Sciarrino: Studi per l’intonazione del mare, Centauro marino e Le Stagioni artificiali
di Paolo Tarsi
C ome una clessidra sonora, la musica di Salvatore Sciarrino è una terra in cui il tempo degli orologi scandisce silenzi illusori. Labirinti che si sovrappongono e si intrecciano alternandosi in diverse dimensioni spazio-temporali all’interno di partiture calligrafiche che vedono, come antiche stampe giapponesi, l’alternarsi di stagioni artificiali al cui mutare Sciarrino assiste circondato soltanto dalla natura. Proprio come un monaco Zen in un eremo buddista. Ma non si tratta di un film di Kim Ki-duk: il suo è un universo attraversato da un manierismo alchemico e – come scrive Laurent Feneyrou nelle note di copertina al CD – «da una violenza, da una sete di carneficina di cui già Ovidio scriveva di come essa animi la razza empia degli uomini», in cui ritroviamo protagonisti i vari Borromini, i Gesualdo, le Marie Maddalene de’ Pazzi fino a Macbeth.
Antico samurai, Sciarrino difende le sue opere dalla disgregazione e dall’annientamento a cui egli stesso le sottopone. Una musica che non può essere analizzata per singole note, ma che necessita di una sintesi per ritrovare in un unico gesto tutte quelle variabili che solo interpreti ideali, dotati di una particolare predisposizione alla ricerca sul suono, sono in grado di restituire. «L’esecutore che esegue con precisione, con fedeltà è quello che più tradisce la vita della musica, che deve trasfigurarsi e cambiarsi negli anni», sostiene Sciarrino. Una caratteristica, quella di richiedere una specificità all’interprete, che lo accomuna a Nono e che del resto appartiene a tutti i musicisti di questo CD, impegnati nell’interpretazione di brani dislocati lungo un arco di tempo di circa vent’anni. A mostrarci come vengono prodotti gli incantesimi sono i solisti Marco Rogliano (violino), Ciro Longobardi (pianoforte), Daniel Gloger (contraltista), Mario Caroli, Matteo Cesari, Chrissy Dimitriou, Keiko Murakami (flauti), il Lost Cloud Quartet (Marco Bontempo, Marco Piazzi, Gianluca Pugnaloni e Leonardo Sbaffi ai sax), Jonathan Faralli (percussioni) e l’ensemble Algoritmo diretto (e fondato nel 2002) da Marco Angius. Dalle miniature di timbri che indagano le relazioni tra i diversi piani sonori e le figure ritmiche di Centauro marino (1984) per quintetto, fino al susseguirsi di “ambienti acustici intermittenti” in Le stagioni artificiali (2007) per violino e strumenti, passando attraverso Studi per l’intonazione del mare (2000) per voce, quattro flauti, quattro sax, percussione e due orchestre, ognuna di 100 flauti e 100 sassofoni (qui ridotti, per necessità di produzione, ad un numero di poco inferiore). Musica, quest’ultima, scritta per la riapertura della Basilica Superiore di Assisi, ricostruita dopo i crolli del terremoto del 1997, e per la quale Sciarrino sceglie vari testi: alcuni estratti dal vangelo apocrifo Pistis Sophia, una poesia di Thomas Wolfe e un passaggio tratto dal settimo capitolo della Leggenda dei tre compagni (1246) sulla vita di San Francesco, frammentandone la declamazione in finissime gocce di pioggia.
Sullo sfondo rimangono il temperamento saturnino di Sciarrino, i suoi timbri parziali e il riverbero del mare sul quale scintillano impercettibili, come molecole, tutte le declinazioni di una luce avorio e di suoni che pulsano come particelle finissime, quasi inudibili pulviscoli nello spazio. Ma non è un approdo al silenzio, alla consapevolezza rimbaudiana che non v’è più nulla da comunicare. Al contrario, il silenzio in Sciarrino diventa un elemento irrinunciabile della musica stessa, come l’oscurità è essenziale alla luce, come l’ombra è parte della figura, per mostrare che sullo sfondo essa, e soltanto essa, costituisce i caratteri di una figurazione.
Salvatore Sciarrino | Le stagioni artificiali | Algoritmo | Stradivarius
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