XX e XXI • Il clarinettista Alessandro Carbonare e Tetraktis Percussioni ospiti della stagione dell’Accademia presso il Teatro Argentina
di Daniela Gangale
IL CICLO DI CONCERTI CHE L’ACCADEMIA FILARMONICA ROMANA organizza per il quarto anno consecutivo in collaborazione con lo storico Teatro Argentina, si è inaugurato giovedì scorso con un concerto particolarissimo che potremmo definire di frontiera. L’inconsueto ensemble di clarinetto e percussioni, formato da Alessandro Carbonare e Tetraktis, ha infatti proposto al pubblico romano una sorta di viaggio attraverso musica che può essere definita “etnica” a vario titolo, accostando temi della tradizione armena a compositori come l’ottocentesco Pasculli, a Bartók e Stravinskij, padri del Novecento storico, a Music for Pieces of Wood di Steve Reich e Suite hellénique di Pedro Itturalde, brani ormai altrettanto “storici” del secondo Novecento, a composizioni recenti o recentissime come Millennium bug di Giovanni Sollima del 1999 (che ha sostituito il Volo del calabrone di Rimskij-Korsakov in programma) e F for Fake di Riccardo Panfili del 2012. Un programma che, a leggerlo sulla carta, poteva sembrare anche frammentario e fin troppo fantasioso e che all’ascolto è invece risultato piacevolissimo, vario ma anche intimamente coerente, dipanando il filo rosso di quelle sonorità ancestrali, presenti in tutte le culture e in tutte le epoche, che la combinazione di percussioni e clarinetto ha saputo sapientemente rintracciare.
In particolare il brano di Panfili, scritto nel 2012 appositamente per Carbonare e Tetraktis, ha suscitato i vivi applausi del pubblico. Ispirato all’ultimo lavoro di Orson Welles da cui prende il titolo, è formato da tre brani, molto diversi tra loro, che si ispirano al cinema e alla letteratura. Le atmosfere rarefatte ed eteree del primo, che richiama la vicenda del Titanic, si alternano a quelle dinamiche e ritmate del secondo, Kagemusha: L’ombra del guerriero, dal film di Kurosawa per tornare poi ad un clima sospeso e sognante nel brano finale, Ms. found in a bottle, ispirato a E. A. Poe; l’alternanza di acqua-terra-acqua (e dunque lento-veloce-lento) di cui sono impastate le tre parti, rovescia l’orizzonte d’attesa classico portando ulteriormente l’attenzione sulle caratteristiche evocative e visive di questa musica.
Carbonare si è confermato un musicista estremamente versatile, passando con disinvoltura dal mood classico a quello klezmer, regalando agli ascoltatori un suono ricco di energia ma anche vellutato e avvolgente, sempre autentico e centrato, con punte di eccezionale virtuosismo in Pasculli; Tetraktis (che erano in quartetto a causa della defezione di Gianni Maestrucci per motivi di salute) hanno dimostrato il consueto affiatamento, puntando su una lettura compatta e spesso ironica dei brani in programma, che ha trascinato con entusiasmo il pubblico lungo tutta l’ora abbondante di concerto.
© Riproduzione riservata