La città tedesca celebra mezzo secolo dalla ricostruzione del suo teatro, distrutto nel 1943 da un bombardamento e riaperto venti anni dopo. Breve cronaca di una prestigiosa matinée
di Riccardo Rocca
UNA SERIE DI RICORRENZE ED APPUNTAMENTI si sono sovrapposti nel calendario della Bayerische Staatsoper di Monaco: le celebrazioni del cinquantenario della ricostruzione del Nationaltheater si sono avvicendate in contemporanea con l’entrata in ruolo di Kirill Petrenko quale nuovo direttore musicale e dunque successore di Sawallisch, Keilberth, Fricsay, Solti, Krauss, Knappertsbusch, Walter, via via risalendo fino allo stesso Richard Strauss. Per l’occasione il teatro ha pensato di festeggiare l’evento in diretta televisiva con una breve ma pregiata matinée di gala: un programma musicale, nel quale Mozart incorniciava Strauss e Wagner, ha intervallato i saluti del sovrintendente Nikolaus Bachler, del ministro bavarese della cultura Spaenle, della presidente del parlamento federale Stamm ed il discorso ufficiale dello scrittore ungherese Péter Esterházy; in buca la Bayerisches Staatsorchester guidata da Petrenko nel suo primo atto ufficiale da Generalmusikdirektor. Sono bastate le prime note dell’Ouverture del Don Giovanni a dare l’idea della ventata di novità che d’ora in poi investirà il teatro dopo l’addio di Kent Nagano: l’orchestra guizza asciutta ma con mordente compattezza; gli equilibri timbrici brillano ricercati e nessun dettaglio pare essere lasciato al caso.
Per i due interventi solistici sono state invitate due star del calibro di Nina Stemme e Jonas Kaufmann, la prima impegnata nel monologo della Marescialla dal Rosenkavalier di Richard Strauss, il secondo nel Winterstürme wichen dem Wonnemond dal I atto di Valchiria: la straordinaria e delicata morbidezza con cui Petrenko ha sostenuto e accompagnato i pianissimi di Kaufmann è probabilmente rappresentativa del miracolo che deve essersi compiuto l’estate scorsa a Bayreuth, quando Petrenko ha diretto il nuovo Ring del bicentenario.
Se la presenza di René Kollo, che seduto in scena seguiva col labiale il brano della Valchiria, deve aver poco disturbato il tenore tedesco, certamente più scomodo deve essere stato, per la Stemme, cantare il monologo del Rosenkavalier a meno di un metro da Dame Gwyneth Jones, che proprio su quello stesso palcoscenico fu la storica Marescialla di Carlos Kleiber. Insieme ai due citati veterani, sedevano sulla scena altri ospiti che hanno segnato la storia della Bayerische Staatsoper: tra di essi Kurt Moll, Matti Salminen, Hildegard Hillebrecht, Ingeborg Hallstein, Wilma Lipp, Marjana Lipovšek, Gabriele Schnaut, Reri Grist. Tra tutti, però, spiccava la leggendaria Inge Borkh – adeguatamente onorata dal sovrintendente Bachler – che nel novembre 1963 impersonò la Fӓrberin in quella storica Frau ohne Schatten che inaugurò, sotto la bacchetta di Joseph Keilberth, il ricostruito Nationaltheater. Il coro finale del Flauto magico ha concluso una festa volta a celebrare i fasti del passato e le promesse del futuro; una sacchetto di provviste offerto a tutti i presenti – con pane, birra e un mazzetto di ravanelli – ha, esattamente come nel 1963, simpaticamente allietato il pubblico all’uscita dal concerto.
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