
Gianandrea Noseda, una lettura di spessore per l’opera verdiana. Cast vocale di grande livello con Gregory Kunde, Ambrogio Maestri, Erika Grimaldi. Non convince la regìa
di Attilio Piovano
UN OTELLO A TUTTO TONDO quello che al Regio di Torino ha di fatto aperto la stagione teatrale, dopo la Messa da Requiem che lo ha preceduto pochi giorni or sono. Sul podio Gianandrea Noseda in gran forma; ed ora al Regio sembra ormai essere ‘scoppiata la pace’, come ha scritto qualcuno, dopo le polemiche di quest’estate eccessivamente enfatizzate e l’attuale riconferma del sovrintendente Vergnano. Otello non appariva al Regio dal lontano 1997 quando a dirigerlo fu Abbado, non già alla guida del complesso torinese, bensì con i Berliner (e la regìa di Ermanno Olmi in una memorabile co-produzione con Salisburgo). Partitura di inaudita modernità, con il suo ricco tessuto armonico, un Verdi – quello di Otello su libretto perfettamente funzionale del solerte e colto Boito – ormai lontano anni luce dalla trilogia popolare, un Verdi quasi ottuagenario passato attraverso le fondamentali esperienze di Simon Boccanegra e Don Carlo e ça va sans dire della sublime Messa da Requiem e si sente. Un Verdi che scrivendo quest’opera nel 1887, ormai all’apice della sua evoluzione creativa, pare profeticamente proiettato sull’incipiente Novecento (addirittura pre-espressionista, qua e là). E allora quanta ricchezza di colore orchestrale, quanto spessore timbrico in quest’opera eccelsa che Noseda ha curato nei minimi dettagli, contando su un’orchestra in buona forma (appena qualche piccolo neo la sera della prima, il 10 ottobre, ma di fatto l’Orchestra del Regio non suonava l’Otello dal 1981, diretta da Gavazzeni), un coro stupefacente e possente (istruito da Claudio Fenoglio) e altrettanto dicasi delle voci bianche di Regio e Conservatorio (maestro del coro Paolo Grosa).
E allora le emozioni non sono mancate fin dalla scena d’esordio dove l’orchestra mima l’uragano, poi subito la concitata scena corale, dopo l’approdo della nave («Esultate»). Noseda ha scavato in profondità compiendo un lavoro minuzioso di concertazione, facendo emergere con lucidità inarrivabile le straordinarie modernità – merita ribadirlo – di cui la matura partitura verdiana è costellata. Non ha risparmiato nessuno e gli orchestrali ce l’hanno messa davvero tutta per farci entrare subito in medias res: nella drammaturgia cupa di quest’opera geniale dai colori bronzei ed impregnata di fatalismo dove la tensione non viene meno un solo istante (fin da quel sensuale «Già nella densa notte» vagamente tristaniano, presago di destino funesto e circonfuso da una deliziosa trama cameristica).
Noseda, poi, ha potuto contare su un cast di alto livello. E allora Gregory Kunde, voce stentorea, sicurezza assoluta, grande presenza scenica e capacità attoriali, autorevole in apertura, poi amante tenero e affettuoso con la sua sposa, poi uomo torturato dall’assillo della gelosia e infine assassino di Desdemona, accecato dall’ira, infine suicida delirante, capace di dare un ultimo tenero bacio alla sua adorata, ormai cadavere. Una prova di grande bravura applaudita assai a lungo e le lacrime di commozione di Kunde in diretta (molti, moltissimi i giovani in sala, merita rilevarlo). Ambrogio Maestri – navigato ed esperto – non è stato da meno: un Jago assai impressive, come dicono gli inglesi, per malvagità, come si conviene, e tenuta scenica, potendo avvalersi di una vocalità sicura e massimamente autorevole (ha cantato ben undici opere verdiane calcando i palcoscenici di mezzo mondo ivi compresa la Scala). Che emozione quei molti ‘a parte’ nei quali egli dialoga con se stesso, tramando la sua perfida tela, instillando il demone del sospetto, fin dal brindisi iniziale, poi in «Credo in un Dio crudel», giù giù sino al fatale epilogo. Superlativa la prova fornita dalla bella e validissima Erika Grimaldi. Una Desdemona innamorata e incredula di fronte ad un destino che pare passarle sopra la testa. Strepitosa la sua performance nella celeberrima «Canzone del salice» (Atto IV) con suoni filati delicati e di grande bellezza, un’interpretazione umanissima, specie nel tragico finale con un realismo scenico ed espressivo davvero toccante (momenti di commozione nella celebre «Ave Maria» dall’attacco sillabato), molto applaudita a fine serata al pari di Kunde e Maestri. Bene, vocalmente, soprattutto, il Cassio di Salvatore Cordella (un po’ impacciato scenicamente) e qualche asprezza invece in Samantha Korbey (un’Emilia, moglie di Jago, peraltro scenicamente accorata e partecipe, poco apprezzata dal pubblico). A posto i comprimari (tra essi il Roderigo di Luca Casalin e il Lodovico di Seung Pil Choi). Un vero trionfo per solisti, direttore, orchestrali e coro.
Quanto al versante scenico dello spettacolo, invece, sono fioccati i buu ed anche alcuni fischi (pur misurati ed educati). Insomma per dirla tutta non ha convinto la regia del britannico Walter Sutcliffe (al suo primo Otello); né sono piaciute più di tanto le scene (peraltro ottimamente realizzate da Saverio Santoliquido su indicazioni dello stesso regista). Scene volte a rendere simbolicamente il senso dell’oppressione, del «labirinto», sempre – per esplicita ammissione del regista – con riferimenti a «qualcosa di militare» e allora alte pareti («simbolici archetipi») che si muovevano pur agilmente sulla scena, a rendere un che di trincea, come di sacchi bianchi ammassati e macchiati di sangue. Poco gradito anche il gazebo con glicini (fuori contesto) dove Desdemona si intrattiene con Cassio che poi (con poche varianti, in epoca di ristrettezze) diviene il letto a baldacchino. D’effetto, occorre ammetterlo, l’incendio del primo atto e il coreografico gioco delle torce a rendere inizialmente il castello di Cipro (coreografie di Hervé Chaussard). Poco convincenti e un po’ prevedibili, se non talora casuali, i movimenti sul palcoscenico dei protagonisti. Da ultimo davvero bruttarelli i costumi, esplicitamente fuori dal tempo, di Elena Cicorella. Analogamente spesso incoerenti e non del tutto funzionali le luci (radenti, con strani giochi di ombre sul soffitto) di Rainer Casper. Sicché se dello spettacolo conserveremo qualche perplessità sotto il profilo visivo, al contrario degli aspetti squisitamente musicali avremo a lungo un ricordo nitido e di forte pregnanza. Repliche sino al 28 ottobre con un doppio cast: Francesco Anile e Roberto Frontali saranno Otello e Jago mentre María José Siri sarà Desdemona e Francesco Marsiglia interpreterà Cassio.
Ottimo articolo! Io sono stato però meno indulgente…
http://operaincasa.com/2014/10/25/otello-3/
Renato Verga