Philippe Jordan ha diretto la grande pagina beethoveniana in occasione del Concerto di Natale del teatro milanese. L’esecuzione sarà trasmessa su Rai 1 alle 9.35 del 24 dicembre
di Luca Chierici
PARTITURA ESTREMAMENTE COMPLESSA, la Missa Solemnis è di ascolto piuttosto raro, per le grandi difficoltà di assieme, la necessaria consuetudine richiesta da parte di tutti i protagonisti con il linguaggio del tardo Beethoven, le singolarità di un impianto che fa largo uso di un contrappunto piegato alle ragioni di una inventiva imprevedibile. Non a caso i solisti di canto che vengono coinvolti in queste rare occasioni sono quasi sempre stranieri e spesso di impronta germanica, e gli unici cantanti italiani che potremmo immaginare inerpicarsi in doppie fughe e passaggi che sembrano rappresentare un tardivo omaggio al barocco haendeliano sono appunto quelli che dimostrano di avere almeno una consuetudine con il repertorio del primo Settecento.
Ricordiamo un’esecuzione della Missa diretta da Giulini nel duomo di Milano nel settembre del 1986 rivelarsi come una sofferenza estrema per chi tentasse di seguire le contorte linee polifoniche dell’opera, tant’era la sensazione di disturbo causata dagli effetti d’eco della monumentale struttura che ospitava il concerto. La proposta scaligera dell’altra sera era forse inadatta ai contenuti di un evento natalizio, che avrebbe richiesto una composizione di più agevole ascolto, ma ha innescato una risposta di pubblico inaspettata, vuoi per la soggezione che la partitura colossale incute, vuoi per l’esecuzione che ha cercato di smussare i lati più ostici facendo affiorare proprio quel lato di omaggio al barocco che viene percepito con maggiore facilità. Philippe Jordan, figlio d’arte (il padre Armin è stato un’importante direttore, particolarmente attivo in Francia e Svizzera) ha guidato con buon successo l’orchestra del teatro – prima parte violinistica nel celestiale Benedictus era l’eccezionale Francesco Manara – coadiuvato dall’eccellente coro preparato da Bruno Casoni. La soprano bulgara Krassimira Stoyanova ha sostituito Edith Haller e si è rivelata in perfetta sintonia con le altre voci del quartetto, tra le quali quella del tenore Stuart Skelton tendeva forse a primeggiare con eccessiva enfasi.