di Luca Chierici
Probabilmente commissionato al dodicenne Wolfgang nientemeno che dal famoso Conte Anton Mesmer, che lo fece rappresentare nei giardini della propria magione viennese, il Singspiel Bastien und Bastienne appartiene alla scia di tutti quei lavori di stampo arcadico che presero origine dal Devin du village di Rousseau (1752). In particolare la parodia di Favart (“Les amours de Bastien et Bastienne”) dell’anno successivo venne rappresentata anche a Vienna poco più tardi e da questo lavoro venne tratto il libretto per il Singspiel. La musica scritta da Mozart, debitrice in parte del gusto francese di Philidor e Monsigny, sostiene con notevole proprietà l’ingenua trama che dovette sembrare del tutto credibile al pur dotatissimo e sgamato adolescente, tanto che il Singspiel trova ogni tanto ancora oggi motivo di essere riproposto, cosa che non accade di solito all’interno delle stagioni operistiche date le esigue dimensioni del lavoro.
Pur nell’economia dei mezzi, la garbata proposta del regista Valentino Klose ha fatto centro in una serata conviviale presso un piccolo teatro milanese, dove l’operina è stata presentata in una versione per canto e pianoforte, accompagnata da Gian Francesco Amoroso. La regia ha mirato a descrivere il rapporto affettuoso tra i due protagonisti e il mago Colas, che aiuta i due giovani amanti a recuperare le fondamenta del loro legame attraverso un gioco di gelosie reciproche tutto settecentesco (e tutto mozartiano). Le scene semplicissime echeggiavano dei fregi neoclassici che si trovano all’Accademia di Brera, collegando così questa rappresentazione tutta milanese anche ai viaggi che Amadeus compirà poco più tardi nei nostri luoghi e trasformando i tratti arcadici originali in una messa in scena che coinvolgeva due giovani studenti alle prese con un mago-cartomante, sulla falsariga di quelli che popolano la vita notturna del quartiere. Di una certa rilevanza è stata la prestazione del soprano Arianna Stornello e bene a proprio agio nelle loro parti ci sono sembrati il tenore Stefano Gambarino e il tenebroso Mago, il basso Cesare Costamagna. Forse la scelta di rispettare l’utilizzo della lingua originale tedesca – sono stati necessari i sopratitoli in italiano – avrebbe potuto essere meglio barattata con l’impiego di un pur ridotto ensemble strumentale. Una fatica di memorizzazione risparmiata per i cantanti-attori e un adattamento più che comprensibile in un paese dove un tempo si metteva in scena nella nostra lingua persino il Flauto magico e tutti applaudivano la regina Astrifiammante.