A Palermo l’opera di Rossini con l’utilizzo in scena della tecnica del “chroma key”, un sistema sofisticato di proiezioni interattive
di Santi Calabrò foto © Rosellina Garbo
Preceduta da un battage adeguato alle innovazioni dell’allestimento, è andata in scena a Palermo la Cenerentola di Rossini, nuova coproduzione tra il Massimo e il Teatro delle Muse di Ancona. Tutta da vedere è l’utilizzazione in scena della tecnica del “chroma key”, un sistema sofisticato di proiezioni interattive. Come spiega il regista Giorgio Barberio Corsetti, si tratta in realtà di due tecniche diverse: «da una parte abbiamo la possibilità di far agire i cantanti all’interno di scenografie o, come in questo caso, di disegni, che sono giustapposti… dall’altra la possibilità di “dipingere” le scenografie come delle proiezioni video, che sono mappate e vanno a ricoprire esattamente dei punti delle scenografie». Il risultato è spettacolare, tanto più perché in scena agiscono cantanti che recitano benissimo, e il loro frequente primo piano sul video restituisce una “verità” diretta e coinvolgente. Di fronte a un colpo d’occhio così accattivante il pericolo è però quello di non calibrare la sua autonoma capacità di significazione rispetto all’impianto drammaturgico dell’opera, e qui Barberio Corsetti tende a mancare il colpo.
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