di Monika Prusak foto © Rosellina Garbo
Una grande festa al Teatro Massimo di Palermo per l’ultima recita dei Puritani, interpretata da giovani ma già affermati nomi della lirica internazionale. La produzione, che prevedeva la partecipazione di Nadine Sierra, assente per ragioni di salute, è andata in scena con tre diversi soprani nel ruolo di Elvira, per ordine di recite da Laura Giordano, Ruth Iniesta e Jessica Pratt, quest’ultima giunta direttamente dalla Lucia di Lammermoor al Metropolitan Opera di New York.
Ed è proprio Jessica Pratt a chiudere la produzione in modo magistrale, sfoggiando un ventaglio di timbri e registri, che il pubblico del capoluogo siciliano raramente ha l’opportunità di apprezzare dal vivo. Lo si avverte, indubbiamente, nei calorosi applausi che fermano per alcuni minuti l’uno dopo l’altro tutti gli assoli della cantante australiana. Le agilità della Pratt lasciano gli ascoltatori in apnea rilassando la tensione solo alla loro conclusione: l’artista padroneggia sia la voce che il palcoscenico, trascinando l’attenzione della platea con coscienza e abilità.
Accanto a lei due cavalieri distinti e presenti, un Arturo formidabile e appassionato interpretato dal tenore spagnolo Celso Albelo e un Riccardo elegante e fermo impersonato dal baritono sudcoreano Julian Kim. Albelo incanta per i sovracuti eseguiti perfettamente in voce con un volume elevatissimo e con la linearità suadente del belcanto, unito a un timbro chiaro e distintivo. Kim è un rivale freddo e raffinato, dotato di un’eleganza vocale e scenica non indifferente. Una simile raffinatezza distingue anche altri puritani in scena, i bassi Roberto Lorenzi nei panni di Lord Walton e Nicola Ulivieri in Sir Walton, suo fratello. Il culmine dell’orgoglio puritano si ha nel famoso brano Suoni la tromba bissato da Kim e Ulivieri a sipario chiuso subito dopo la prima esecuzione. Distinta ed elegante si presenta in scena anche Enrichetta di Francia interpretata da Anna Pennisi con grande trasporto e serietà, dando giusto contrappeso alla giovinezza e freschezza di Elvira.
La bravura degli interpreti di questa edizione di Puritani ha fatto sì che la regìa, le scene e i costumi scendessero in secondo piano, talmente adatti alla rappresentazione da fondersi perfettamente con l’azione. Affascinanti luci basse in tonalità blu si confondono con i costumi cupi dei protagonisti e del coro, per esaltare maggiormente l’elemento simbolico che lega le scene tra di loro: la continua presenza delle armi come oggetto scenico e scenografia. La regìa di Pierluigi Pier’Alli predilige la presenza ferma del coro in scena, lasciando i solisti ugualmente immobili nelle loro arie, come da prassi tradizionale del teatro belliniano. Grazie al cast la regìa svela la sua incredibile forza d’immagine, con quadri che solo attraverso l’azione dei protagonisti rivelano la trama dell’opera. La città fortezza di Pier’Alli è un luogo essenziale e quasi metafisico. La mancanza di movimento concentra l’attenzione sul dramma interiore dei protagonisti, trovando in Elvira l’epicentro di tutta la vicenda.
Il direttore d’orchestra Jader Bignamini guida l’orchestra e il coro con una fermezza e passionalità eccezionali, rendendoli partecipi di ogni singolo momento dell’opera. Nella sua direzione si ritrovano il belcanto e la dolce melodia dell’accompagnamento, ma anche quell’ardore caratteristico dell’ultimo Bellini maturo ed eloquente. Rimaniamo stupiti dai tanti colori mai sentiti, dalla ricchezza della partitura che continua a svelare nuove e sorprendenti nuances. Bignamini ha tutto sotto controllo per inondarci di grande bellezza, sonora e visiva.