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Mdi ensemble diretto da Yoichi Sugiyama registra per Stradivarius alcune opere del compositore fiorentino
di Paolo Tarsi
«Mi raccomando facciamo presto, che tra poco iniziano i Simpson […] è un cartoon speciale, storia del mondo, imperdibile. La settimana prossima danno l’Iliade, dove Homer fa Omero». Inizia così l’intervista di Luca Scarlini a Sylvano Bussotti in Corpi da musica (Artout Maschietto Editore, 2010). Una passione, quella di Bussotti per i Simpson, riconducibile all’amore per i fumetti e a quando crea una Fuck Symphony per Ranxerox, il protagonista delle strisce di Stefano Tamburini, pubblicata sulla rivista “Frigidaire” che a Bussotti dedica anche una copertina. E non fu l’unica, con grande scandalo da parte degli ‘avanguardisti’, che lo videro ritratto con Cathy Berberian sulle pagine di “Vogue”.
Vicino a John Cage e alle sue esigenze di superare i “limiti” del pentagramma, Bussotti fu impegnato in prima linea a sabotare il sistema di notazione tradizionale insieme al movimento Fluxus, Yoko Ono, Cornelius Cardew, Robert Ashley e Giuseppe Chiari (è del 1962 la sua performance concettuale Gesti sul piano), fino al gruppo Zaj e Lee Ranaldo che durante la registrazione di un album dei Sonic Youth usava la faccia di Madonna per disegnare una sequenza di note che si autodistruggevano. Nel curriculum di Bussotti, che indossò anche i panni di ‘giudice pop’ nella celebre querelle tra Michael Jackson e Albano Carrisi, non mancheranno, infatti, le collaborazioni con musicisti ‘leggeri’ come Gianni Morandi (diretto nel ruolo di Enea nel film “Immagine”), o Patty Pravo, che Bussotti aveva cercato inutilmente di convincere di essere più brava come compositrice e con cui, prima di allora, sembrava condividere solo la “y” nel nome, refuso di un critico d’oltralpe che non cessa di evocare scenari pervasi di latinità argentea nell’uno, una scelta dettata dall’emulazione di tendenze beat nei Sixties d’oltremanica nella Strambelli, protagonista di una sola nota ne La maestà, l’opera corale per 191 interpreti di Bussotti, presentata alla Biennale di Venezia nel ’91. Nella stessa edizione una bellissima Moana Pozzi offre, in una memorabile performance, il suo corpo al compositore – che avrebbe preferito avere Prince – come superficie da notazione di una partitura vivente, carta su cui scrivere che Bussotti riempì di pentagrammi.
Una delle sue prime partiture grafiche fu il dramma lirico Nottetempo, l’opera del 1976 dedicata a Michelangelo e alle sue diatribe con Giulio II. Da quel momento in poi il compositore inizia sempre più a fare disegni che sono anche partiture e viceversa. L’approdo alla musica picta avviene tramite lavori sospesi tra ‘disordine alfabetico’ e note-immagini sparse come schizzi su tableaux-pentagrammi dove tutti i materiali sono possibili di riutilizzo. Cartoline, foto, programmi di sala e locandine, tutto può essere oggetto di molteplici riletture, anche a distanza di tantissimi anni. La scrittura è concepita come un codice da decifrare e ‘manipolare’ tra la moltiplicazione di segni a cui donare di volta in volta la forma di nuove risonanze. Scelte estetiche e suggestioni ricorrenti, passione e decadenza dettano la chiave di lettura di una vita concepita essa stessa come opera d’arte, introducendo sullo sfondo lo ‘scandalo’, letto forse troppo comunemente, come principale lemma interpretativo dell’opera di questo artista e delle sue innumerevoli in-discipline. Il privato diventa un collage sempre mutevole di sonorità, volti e corpi in cui racchiudere la propria visione di un mondo in cui il ‘manierismo’ non è da intendersi come tecnica della citazione, ma semmai come genealogia culturale volta a rileggere con nuovi parametri l’arte del Cinquecento e del Seicento.
Come trait d’union a quest’incontro tra le arti, la copertina di questo CD riproduce Paesaggio Notturno, un’opera del veneziano Paolo Valle (*1948), artista che modellerà il suo linguaggio a partire dal suo incontro con Oskar Kokoschka. Le registrazioni di “Autotono” sono effettuate dal vivo e vedono la prevalenza di partiture “aperte” o “pittoriche”, tipiche di Bussotti, per ensemble o per strumento solista. Si va dal grottesco a 5 voci miste El Carbonero (1957) a Lachrimae (1978), tragedia surreale scritta per ogni tipo di voce, passando per la “beethoveniana” Gran Duo (1977/78) e il libro-partitura Autotono (1977), sequenza di “pittografie” realizzate con la complicità dello zio, il rinomato pittore e illustratore Tono Zancanaro (1906-1985), in occasione del suo settantesimo compleanno. Dai “Sette fogli” prendono forma tre dei sette brani che compongono la raccolta: Couple pour flûte et piano; Coeur pour batteur e Per Tre sul pianoforte. Ermetici, ognuno di una sola pagina, furono scritti nell’agosto 1959 a Darmstadt. Successivamente, nel 1968, vedono la luce una serie di brani vocali in stile madrigalistico rinascimentale, tra i quali Ancora odono i colli, La curva dell’amore e Rar’ancora, tutti tratti da “Cinque frammenti all’Italia”. I testi spaziano da Foscolo a Campana, da Jacopone da Todi e Leonardo fino a Sandro Penna ed Elsa Morante, passando per le Femmes damnées di Baudelaire e Gabriele D’Annunzio, mentre la seconda parte è scritta sui testi erotici di Aldo Braibanti e si conclude con la sigla simbolicamente prolungata di “RARA” usando due sole note: “Re” e “La”. Brutto ignudo (un tratto per clarinetto basso) e Nudo disteso (una cadenza per viola) sono invece due intermezzi estratti da “Phaidra/Heliogabalus” (1980), balletto che prevede il sovrapporsi simultaneo di due storie divise sulla scena, una a sinistra (quella di Phaidra) e una a destra (quella di Eliogabalo), in cui Bussotti figura anche come regista e scenografo. Il disco termina con la “Bonus Track” E l’uccellino per canto e pianoforte, omaggio del 1981 all’amatissimo Giacomo Puccini ed esempio di arte modulare sulle note della sua Ninna Nanna a cui Bussotti aggiunge, oltre alla sua voce, le parti di “obbligato” di flauto, clarinetto e viola. Materiale sonoro in cui il tempo degli orologi sembra essersi fermato e nel quale convivono in maniera emblematica presente e passato, in una classicità infrangibile che l’autore ha saputo riplasmare innalzando il suo tempio da dove celebrare il culto di una nuova Sprachkristall. Culto racchiuso nella sigla ‘bussottioperaballet’.
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