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INTERVISTA
Parte oggi da Mantova la tournée dell’Orchestra Giovanile Italiana, la prima dalla scomparsa di Piero Farulli che la fondò nel 1982. Ospite sul podio il carismatico direttore statunitense, fortemente impegnato nella promozione del repertorio contemporaneo
di Michele Manzotti
«Lavorare con questa orchestra è bello, mi rende ispirato ed entusiasta. Oltretutto, a differenza di altre realtà, qui trovo una grande voglia di ascoltare e di confrontarsi». Parole esplicite quelle di John Axelrod, direttore texano a cui è stata affidata la prima tournée dell’Orchestra Giovanile Italiana dalla scomparsa di Piero Farulli, che ne era stato l’artefice. Una serie di concerti a partire da Mantova (18 ottobre, Teatro Sociale) per proseguire con Roma (19, Auditorium Parco della musica per Santa Cecilia), Monfalcone (20, Teatro Comunale), Firenze (21, Teatro la Pergola per gli Amici della musica) e Bologna (22, Auditorium Manzoni per Musica insieme).
«Non voglio generalizzare – spiega Axelrod – e dire che le orchestre professionali siano prive di stimoli, tutt’altro. Ma con i componenti dell’Ogi c’è uno scambio continuo di esperienze e sensazioni. Non sono solo loro che imparano da me, ma anche io da ciò che mi trasmettono».
Il programma vede due brani speculari, la Fanfare for the Common Man di Aaron Copland e For the Uncommon Woman di Joan Tower. Un abbinamento non certo frequente in Italia. Ce lo può descrivere?
«Innanzitutto è stata brava Joan Tower a fare questa operazione di auto marketing scegliendo questo titolo. Ma ovviamente non c’è solo questa curiosità, tutto il programma è legato insieme compresa la sinfonia Dal nuovo mondo di Dvořák e la Quarta di Čajkovskij, che ovviamente sono lette da musicisti del 21° secolo».
In quale modo?
«Il brano di Copland fu scritto in pieno New Deal, ovvero i provvedimenti che il presidente Franklin Delano Roosevelt varò dopo la grande crisi per creare uno stato sociale in America. Tutto in favore dell’uomo comune, argomento attuale nel mio Paese (con le elezioni presidenziali in vista e la sfida tra Obama e Romney) ma anche in Europa. Dvořák, che è posto in apertura del programma, ci ricorda l’approccio dell’europeo con la cultura americana. Non dimentichiamo che il compositore venne negli Stati Uniti a insegnare e a scambiare esperienze con gli studenti Usa».
Čajkovskij è posto al termine del concerto che dirigerà. Perché lo ha scelto?
«Il compositore russo era un uomo in profonda crisi. Si sposò sebbene fosse omosessuale, quindi aveva un rapporto difficile con l’universo femminile. Non dimentichiamo che la Russia fu il primo paese a dare il voto alle donne, emancipandole così prima di quanto fu fatto in occidente. Qui entra in gioco la Uncommon Woman di Joan Tower, l’omaggio al lavoro che ogni giorno milioni di donne compiono per mandare avanti lavoro e famiglia. Specialmente oggi, con la crisi economica che ha colpito il mondo».
La musica cosa può fare in questa situazione?
«Come la cultura in generale può fare molto. Ma oggi è necessario uno sforzo in più. E qui torno ai ragazzi dell’Ogi con cui sto lavorando. Sono musicisti che per raggiungere il loro scopo, ovvero suonare come se fossero una persona sola, devono puntare all’eccellenza. Un risultato che arriva dopo studio, rigore e tanta passione. Tutti elementi che messi insieme sono fondamentali per superare i momenti difficili».
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