RIP • È scomparsa a pochi giorni dal 67esimo compleanno la cantante rivelata nel 1974 dal Concorso Toti Dal Monte di Treviso: voce adamantina, di solida preparazione belcantistica, ebbe tra gli autori di riferimento Bellini, Donizetti e Verdi
di Elena Filini
C he singolare e triste coincidenza. Il soprano Alida Ferrarini viene a mancare, anzitempo e dopo lunga malattia, mentre al Concorso Toti Dal Monte di Treviso, dove ottenne una vittoria folgorante nel 1974 con il ruolo di Mimì, si compete proprio per La bohème di Giacomo Puccini. «Studiavo al Conservatorio a Verona e il mio maestro di canto Vincenzo Cecchetelli, a mia insaputa, mi iscrisse» spiegava con semplicità in un’intervista nel 2010 «ero ancora molto giovane e spontaneamente non avrei partecipato, ma col senno di poi devo dire che il mio insegnante intuì la cosa giusta». E fu proprio il concorso trevigiano a rivelare la voce di quella giovane veronese di Villafranca che si sarebbe distinta, in oltre trent’anni di carriera, nel repertorio lirico leggero prima e lirico puro poi grazie ad una voce di timbro adamantino. Una voce di sapore antico, sulla scia delle emissioni à la Toti Dal Monte e Graziella Sciutti. Per Toti Dal Monte, Alida Ferrarini aveva del resto una venerazione. «È stata una grande artista, oltre che una donna gentile e veneta nel senso più schietto e nobile del termine» affermava «e il suo ascolto fu per me utilissimo. Capii infatti su quale strada indirizzarmi».
Voce di solida preparazione belcantistica, attitudine al legato e ai cantabili, per colore infatti Alida Ferrarini virava senza dubbio più sulla corda di lirico leggero. La sua Mimì, debuttata nel 1974 al Teatro Donizetti di Bergamo in coproduzione col Teatro Comunale di Treviso, rimase quasi un capitolo a sé. Infatti, dopo aver dato voce a Leyla nei Pescatori di perle di Bizet e debuttato come Flaminia in una delle prime versioni in tempi moderni del Mondo della luna di Haydn, Alida Ferrarini troverà in Bellini, Donizetti e Verdi gli autori destinati a darle maggior lustro nella professione. Dapprima Oscar nel Ballo in maschera, poi Lucieta nei Quatro rusteghi di Ermanno Wolf-Ferrari, ma soprattutto Nannetta e Gilda, ruoli che le daranno soddisfazioni in tutto il mondo. Dal 1978 inserirà in repertorio due opere particolarmente congeniali: Don Pasquale e L’elisir d’amore, debuttata alla Staatsoper di Amburgo per la regia di Jean-Pierre Ponnelle.
Gli anni della maturità vedono le sue interpretazioni di Micaëla in Carmen nei maggiori cartelloni del mondo: di particolare rilievo è l’inaugurazione della stagione 1983/’84 alla Scala di Milano che la annovera accanto a Shirley Verrett (Carmen) e Plácido Domingo (Don José), spettacolo ripreso in diretta dalla RAI. Al Gran Teatre del Liceu di Barcellona riscuote un grandissimo successo personale con il ruolo di Giulietta ne I Capuleti e i Montecchi di Bellini, accanto ad Agnes Baltsa (Romeo). Nella seconda parte della carriera Alida Ferrarini aggiunge ai suoi ruoli quello di Liù divenendone una delle interpreti in campo internazionale più apprezzate: all’Arena di Verona (1988, 1995), alle Terme di Caracalla a Roma (1992, 1993), al Carlo Felice di Genova (1993, 1996), allo Stadio Olimpico di Roma (1999) e all’estero: a Tokyo (partecipando alla tournée dei complessi dell’Arena di Verona con la regia di Giuliano Montaldo, 1991), al Teatro Colón di Buenos Aires (1993), allo Stadio Olimpico di Sidney (1994). Euridice, Serpina e Zerlina i ruoli cantati negli anni Novanta, più il ritorno al teatro musicale di Ermanno Wolf-Ferrari con Gnese nel Campiello. L’ultimo vivo successo è ottenuto con il ruolo enigmatico di Lei nella Notte di un nevrastenico di Nino Rota, al Comunale di Bologna nel 2000.
Riandando al debutto trevigiano, Alida Ferrarini amava ricordare un fotogramma in particolare: l’incontro con Ferruccio Tagliavini che, fulminante, le aveva detto «Lei ha una voce bellissima e delicatissima. Mangi pane e cipolla piuttosto che accettare ruoli non adatti alla sua vocalità!». Ora l’auspicio è che il Concorso Toti Dal Monte trovi, nel corso della grande finale di sabato, un angolo di memoria da dedicare a quella che molti definirono la «Celeste Alida».
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Non riesco a rassegnarmi: una voce come quella di Alida non può morire. E tutto il resto: il suo cuore, la passione d’interprete, i modi gentili e miti e il fare semplice. Chi ha conosciuto Alida, chi l’ha ascoltata non può accettarlo. E io non posso accettarlo. Voglio dirlo a chi tiene e taglia i fili: lassù, laggiù, ovunque sia, siano, bella dimostrazione di imperfezione o inesistenza ci hai, avete, dato ancora una volta! Come quando lasci, lasciate morire i bambini o altri innocenti. A te, a voi non sono consentite distrazioni. E invece… Sei, siete davvero la conferma di una grande delusione tu, voi e le tue, vostre forbici. A te Alida voglio dire che a me non servono i cd per far rivivere la tua voce e la tua anima: io li conservo dentro da decenni, dal primo giorno che hai riempito di note e gioia queste stanze al fianco del tuo maestro Enzo
Giuliano Cecchetelli.