
Il giovane e acclamato inteprete in concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
di Daniela Gangale
CON UN CAMBIO DI PROGRAMMA all’ultimo momento (la prevista Serenata di Stravinskij e i Miroirs di Ravel sono stati sostituiti dalle ben più severe Fantasia e Fuga BWV 542 di Bach nella trascrizione lisztiana e dalla Sonata n. 32 op. 111 di Beethoven; la seconda parte è rimasta invariata con i 12 Studi trascendentali di Liszt) Daniil Trifonov si è presentato venerdì scorso al pubblico di Santa Cecilia, che lo ha accolto con grande affetto anche quest’anno. Il ventitreenne pianista russo dalla figura esile e il portamento gentile, la frangia castana sugli occhi spesso chiusi mentre suona con espressione concentrata e quasi sofferente, non è nuovo sulle scene della prestigiosa Accademia romana: dopo il debutto nel 2012 la sua presenza è stata costante nelle stagioni seguenti con immutato successo. Trifonov, che è all’inizio della carriera avendo vinto i concorsi “Čajkovskij” e “Rubinstein” nel 2011 a vent’anni, ha già infatti una fittissima agenda internazionale e una folta schiera di ammiratori in tutto il mondo e di certo anche a Roma, a dire dagli applausi che lo hanno salutato in Sala Petrassi venerdì scorso e ai commenti che abbiamo ascoltato durante l’intervallo, tra il pubblico.
Trifonov è un pianista giovane e della giovinezza ha tutti i pregi: una eccezionale energia che gli ha permesso di affrontare un programma complesso e impegnativo sotto tutti i punti di vista con la sicurezza del virtuoso; una personalità fresca, che si espone intera al giudizio del pubblico, guardandolo per così dire “faccia a faccia”, senza timore di esprimere il proprio punto di vista; una visione netta e paradigmatica delle cose che risulta evidente nelle sue scelte interpretative. Questi elementi danno, a nostro avviso, una certa durezza alla suo pianismo: grazie ad un suono potente, forte di una tecnica eccellente e della sicurezza del proprio talento, Trifonov enuncia il fraseggio in maniera assertiva, a scapito a volte della ricerca di maggiori sfumature. Questa tendenza è risultata evidente soprattutto nell’op.111: la dizione netta sin dai primi accordi e una scelta di tempi leggermente ampi hanno dato l’impressione che l’interprete mettesse la sonata beethoveniana sotto una lente d’ingrandimento per descriverla attentamente.
Un pianismo eroico, insomma, pieno di energia, lucidissimo che poco concede al sentimento e molto all’espressione della propria personalità. D’altronde il precedente Bach-Liszt non era stato da meno: l’attacco maestoso, quasi arrabbiato della Fantasia aveva messo in campo un suono estremamente “solido”, a tratti spigoloso mentre l’attacco della Fuga, sgranato e perfettamente scandito ritmicamente aveva dato vita ad un gioco escheriano di entrate, uscite, scale, archi e passaggi segreti con improvvisi spazi di trasognate aperture, di cui via via l’edificio bachiano si è andato costruendo. Liszt è stato immaginifico come da tradizione, diabolicamente seduttivo, con pianissimo struggenti e fortissimo demoniaci; in questo Trifonov ha seguito a nostro avviso un’interpretazione da vecchia scuola che vede soprattutto il lato funambolico di questa musica scegliendo di non seguire invece le strade nuove che alcune incisioni recenti hanno battuto (ricordiamo qui Michele Campanella e Mariangela Vacatello, raffinata interprete lisztiana), in direzione di un maggiore spessore emotivo che pure può essere rintracciato in questa musica.
Nonostante i calorosi applausi Trifonov non ha concesso bis, probabilmente stanco dopo un concerto maratona durato più di due ore e – ipotizziamo? – in vista dell’incontro con il pubblico al bookstore per la firma dei CD annunciato da un solerte fogliettino, distribuito all’ingresso della sala: speriamo che il progredire della sua figura di divo, giusto tributo al suo talento, lasci però a Trifonov lo spazio per continuare a crescere come uomo e come artista. Questa sarà la condizione sine qua non per poterci regalare ancora molte stagioni di concerti e ancor più grandi nuove emozioni.
Onestamente a me non è piaciuto il concerto.
Non mi ha emozionato se non in rarissimi momenti.
Ho trovato Tifonov stanco e sottotono. Il suo mi è sembrato più uno studio in vista di appuntamenti evidentemente per lui più importanti, che una esibizione all’altezza del suo talento.
Non so quanto sia libero di gestire la stagione e le date una dietro l’altra in giro per il mondo.
Di sicuro i teatri li riempie e immagino anche il suo conto in banca e soprattutto quello della statunitense Deutsche Grammophon.
E’ un peccato che uno straordinario interprete sia “costretto” ad essere trattato alla stregua di una mucca da mungere. La quantità e la qualità non vanno mai d’accordo. Neanche se hai 23 anni e ti chiami Daniil Trifonov.
Questo è il Trifonov in cui la mia anima avrebbe voluto immergersi. Ma purtroppo vivo a Roma e non a New York.
http://www.medici.tv/#!/daniil-trifonov-bach-beethoven-liszt-carnegie-hall