di Cesare Galla
CONTRORDINE COMPAGNI. Ovvero, nella “shakespeariana” Verona: tanto rumore per nulla. Dopo due mesi vissuti pericolosamente, il gioco dell’oca della sovrintendenza torna alla casella iniziale e si chiude con una nulla di fatto. E con un tutto come prima. Il nuovo sovrintendente della Fondazione Arena sarà lo stesso degli ultimi otto anni, Francesco Girondini. Il quale, dunque, succede a se stesso.
Inutile la giostra montata nei mesi di gennaio e febbraio, con l’invito a tutti gli interessati alla poltronissima areniana a farsi avanti e autocandidarsi. Inutile (forse immaginaria?) la valutazione dei quasi quaranta curricula giunti in Fondazione, l’individuazione dei top five, i colloqui del sindaco-presidente Flavio Tosi. Sfuma l’ipotesi Enrico Ghinato, l’uomo di Gardaland, a lungo dato per sicuro successore di Girondini. Sfuma anche l’idea di affiancare a Ghinato Stefano Pace, già direttore tecnico al Covent Garden di Londra, molto gradito al ministro dei Beni Culturali Franceschini, in un complicato (istituzionalmente) e improbabile ménage à deux. In realtà, evidentemente il gioco dei veti incrociati e delle perplessità “pesanti” dentro a un Consiglio di Indirizzo che solo negli ultimi giorni ha visto completarsi il suo organico, ha sparigliato ogni progetto e consigliato a Tosi il reset.
Così, mentre Pace si è felicemente accasato al Verdi di Trieste, Girondini ha risposto presente al suo grande sostenitore e mentore Tosi. Aveva continuato a dire che non ne voleva più sapere, che il logoramento era troppo. Forse pensava a una diversa collocazione nell’ambito della Regione, con le elezioni fissate a primavera. Ma nelle ultime settimane era parso sempre più chiaro che essere dalla parte di Tosi, nella lunga faida politico-elettorale all’interno della Lega, dava sempre meno sicurezze. E ora non ne dà più nessuna, visto che Tosi è stato pesantemente sconfitto da Matteo Salvini e dal governatore uscente del Veneto, Luca Zaia, ed è stato di fatto “commissariato”
Anche per questo, a Girondini il sacrificio dev’essere apparso meno indigesto. Ma certo, la partita in Fondazione Arena è sempre più problematica. Oltre il pareggio “tecnico” di bilancio, i conti parlano di un debito pregresso che viaggia ormai sui 30 milioni di euro, come Tosi ha confermato anche alle organizzazioni sindacali. E mentre la quota-parte di FUS si assottiglia sempre più, il fund raising segna il passo e cresce la preoccupazione per la solidità di un festival che costituisce pur sempre una delle principali “aziende” veronesi, con il suo indotto da svariate centinaia di milioni.
Girondini aveva ereditato al suo arrivo un passivo molto meno rilevante, poi le cose sono precipitate e ora la cosmesi nei bilanci non è più sufficiente a mascherare una fragilità endemica, resa più inquietante dal calo del pubblico (accentuato anche dalle bizze del tempo, che la scorsa estate è stato particolarmente inclemente) e da difficoltà tecnico-operative che impediscono di uscire dalla condizione di emergenza permanente. Il tutto mentre le scelte artistiche (altamente probabile a questo punto anche la conferma di Paolo Gavazzeni come direttore artistico) non permettono ancora di realizzare quel cambio di direzione, quel rinnovamento radicale che potrebbe segnare la svolta in grado di scacciare l’ombra del commissariamento.