Vent’anni fa la scomparsa dell’importante compositore italiano. Un concerto ed una intervista pubblica ne ricostruiscono il volto artistico
di Bianca De Mario foto © Roberto Masotti
SONO OTTO MINIATURE CRISTALLINE le delicatissime Risognanze con cui, lunedì 11 aprile, l’ensemble Sentieri Selvaggi ha ricordato Niccolò Castiglioni. Richiamo esplicito a uno dei titoli più evocativi della sua produzione, il concerto è il secondo della rassegna Ritratti italiani, che la stagione di Carlo Boccadoro, quest’anno dedicata a sei peculiari Primi piani, intende tracciare. A vent’anni dalla sua scomparsa, il compositore milanese si svela così timidamente in un suggestivo percorso di musica da camera che spazia tra brani più o meno noti, in formazioni talvolta insolite.
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Le Undici danze per la bella Verena, composte nel 1996 tra le montagne di Bressanone, dove Castiglioni era solito ritirarsi, aprono la serata immergendo il pubblico in quell’atmosfera che resterà sempre in bilico tra il trasognato e l’ironico. Il motivo schietto e popolareggiante del violino di Piercarlo Sacco va via via infervorandosi nell’incontro con l’inquieto paesaggio sonoro dipinto dal pianoforte di Valentina Messa. Una strizzata d’occhio è anche il Così parlò Baldassarre, brano del 1980 per soprano solo, su testo del celebre Cortegiano di Baldassarre Castiglione. Tema centrale è il bacio: un brano in cui la giovane Giulia Peri diviene corpo di risonanza in quell’unione tra «cose sensibili» e «intelligibili» che il testo rappresenta. Daleth, per pianoforte e clarinetto (1979), è forse una delle composizioni più celebri di Castiglioni: quarta lettera dell’alfabeto ebraico che rappresenta uno dei nomi di Dio, il pezzo è un enigmatico dialogo tra l’insistenza di un pianoforte egocentrico, ridotto a suonare tasti con una moneta, e l’asciuttezza perentoria delle note acutissime del clarinetto di Mirco Ghirardini.
Sono proprio Ghirardini e la flautista, Paola Fre, a rispondere alle ‘Domande selvagge’ di Angelo Miotto, l’intervista che spezza il concerto, dando voce ai musicisti, di cui scopriamo la formazione e l’avvicinamento alla musica contemporanea. Un’operazione che, oltre ad avvicinare gli artisti al pubblico, serve a raccontare, almeno in parte, il volto di Castiglioni attraverso i suoi interpreti.
Le Sinfonie a due voci rappresentano senza dubbio una delle formazioni più peculiari tra quelle scelte da Castiglioni, che qui mette insieme voce e contrabbasso, un pezzo concepito in realtà per un’interprete soltanto (1990). Tra imitazione, effetti d’eco e frasi rubate, i due interpreti, Giulia Peri e Alberto Lo Gatto, riescono a fondere i loro timbri in un impasto dalla naturalezza sconcertante che scoppia nella risata finale «Sopra la panca la capra campa». Scherzosa e ironica è anche la Romanzetta per flauto solo (1990), interpretata, quasi danzando, da Paola Fre. Je me tiens seur de ce dont plus j’ay doubté è invece basato sul verso di una poesia rinascimentale di Jean Robertet: «tenersi accanto colui di cui più si è dubitato», uno spunto interessante per questo duo epigrafico per pianoforte e voce. In una dimensione onirica e misteriosa ci riporta Auf der Suche nach einem frischen Wind (Alla ricerca di un vento fresco), per flauto, soprano e pianoforte, composto nel 1988, sul testo naïf di Maria Riebl e Josef Salmen.
A chiudere questo labirintico viaggio ci guida proprio Boccadoro con i Momenti musicali, una composizione per sette strumenti che si intrecciano in trame sospese. Postludio perfetto a questo pot-pourri cameristico che aggiunge una tonalità in più al ritratto di Castiglioni. Rubando le parole all’ Auf der Suche: «A volte basta qualche battuta di musica – e io sono in un altro mondo».
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