Conclusione del corpus integrale delle Sinfonie a Torino con la Mahler Chamber Orchestra. Letture chiare e precise: convince l’Ottava, senza appeal la Nona. Il concerto è stato riproposto a Ferrara, Bergamo. Oggi saranno a Brescia
di Attilio Piovano
Dei nove colossi, sì insomma, delle nove Sinfonie di Beethoven l’Ottava figura percentualmente assai meno in sede concertistica, ed è un vero peccato. Innanzitutto perché è a dir poco un capolavoro (mi perdonino i lettori l’ovvietà di questa osservazione non certo peregrina) e poi perché svela, a chiare lettere, quell’aspetto della creatività beethoveniana sul quale si insiste mediamente poco, vale a dire lo humour, l’arguzia, il Witz, per dirla alla tedesca. Quella stessa arguzia che fa capolino nelle pieghe di non poche Sonate pianistiche, ma che già si affaccia fin dal Finale della Prima Sinfonia. E allora che gioia ascoltarla – l’Ottava – al Lingotto di Torino, la sera di venerdì 27 maggio 2016, nell’interpretazione della Mahler Chamber Orchestra diretta magistralmente da Daniele Gatti che le ha riservato un’attenzione specialissima.
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Fin dall’iniziale Allegro vivace e con brio. Quanta grazia nel dipanare la colloquiale ed amabile scioltezza di questa superba partitura, quanti dettagli mirabilmente nessi a fuoco, quanta cura nel sottolineare singoli passaggi, particolari preziosi, come quel bonario salto d’ottava che della Sinfonia è un vero e proprio leit motiv, gioviale e sapido. Poi le prelibatezze dell’Allegretto scherzando in cui Beethoven si burla dell’ascoltatore con evidente riferimento al meccanico ticchettio del metronomo. Più ancora si burla di noi tutti nel terzo tempo provocatoriamente indicato Menuetto, con anacronismo non privo di fascino. E si tratta di pagina irresistibile per grazia e, ancora una volta, per arguzia.
Gatti, potendo contare su una formazione di alto livello, ha impresso una vigoria ed una carica energetica davvero singolari nel movimento iniziale, lavorando poi di bulino e di cesello nei due citati tempi; ammirevole il giusto esprit conferito al Trio dell’amabile Menuetto, quasi serenata notturna. Ci si sarebbe aspettati un Finale al fulmicotone e invece Gatti, molto opportunamente, ha distillato anche in tal caso mille preziosità armoniche, timbriche e dinamiche, una vera gioia per le orecchie, per l’intelletto e per il cuore. E le emozioni non sono mancate, quanto meno per chi ama tale eccelsa Sinfonia, forse qualitativamente superiore addirittura alla pur sublime Settima.
Non così, quanto ad emozioni, con la Nona che dopo la ‘breve’ Ottava campeggiava nella seconda parte della serata, collocata a concludere il ciclo beethoveniano e, nel contempo, la stagione 2015-16 di Lingotto Musica. E qui, occorre ammetterlo, si è ammirata la lettura scrupolosa sì, ma priva di quell’appeal che con altre orchestre è accaduto di percepire. Per dire, l’inizio con quelle quinte vuote mancava di spessore, non si percepiva quel senso di caos primordiale. Lo Scherzo, affrontato a velocità sostenuta, è emerso in tutto il suo nitore e la sua brillantezza, bene anche il movimento lento che talora risulta eccessivamente dilatato. Gatti è riuscito a mantenersi in bilico tra eccessive lungaggini ed effetto ‘tirato via’. Poi il Finale, il sublime Finale con coro e solisti: e si trattava del coro Orfeó Català e del Cor de Cambra del Palau de la Música Catalana, formazioni di discreto livello, ma per la Nona – perdonate – ci vuole ben altro. Disomogeneo anche il quartetto dei solisti, il soprano Christiane Oelze (non all’altezza della situazione e in qualche caso vistosamente alle corde, con voce spesso poco udibile), il basso Steven Humes dal timbro particolarmente chiaro, bene invece il ‘mezzo’ Christa Meyer e discreto il tenore Torsten Kerl. La Mahler Chamber (lo ha confessato Gatti stesso a fine serata festeggiato per la nomina a Musical Advisor della compagine) la eseguiva per la prima volta. Certo, è sempre una sfida entusiasmante interpretare la Nona, il top del sinfonismo beethoveniano. Non tutto però era a punto; ad esempio il gioco sottile dei rimandi ai movimenti precedenti un po’ disperso e stranito. A fine serata applausi copiosissimi e festa grande. Ma si sa, dinanzi alla Nona il pubblico applaude innanzitutto il capolavoro. La Mahler è peraltro un’orchestra di buona caratura e, ne siamo certi, giungerà presto anche ad affrontare con la giusta consapevolezza il vertice della Nona per l’appunto. E allora le emozioni non mancheranno. Quanto a Gatti tornerà in autunno, al Lingotto, ad inaugurare la stagione 2016-17: col Concertgebouw e un programma quasi per intero wagneriano.
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