di Michele Manzotti foto © Roberto Masotti
La stagione appena cominciata è la numero 36 dell’istituzione. Con ottanta appuntamenti fino all’11 maggio 2017, di cui sedici al Teatro Verdi di Firenze, e gli altri in varie città delle province toscane. Debutti, serate trasmesse su Radio 3 Rai e Rete Toscana Classica. A curare questo programma è Giorgio Battistelli, compositore e organizzatore musicale al tempo stesso, legato all’Ort da un rapporto di lunga data: direttore artistico dal 1996 al 2002 e poi di nuovo dal 2011.
Maestro Battistelli, lei è un compositore, una professione diversa da quella di direttore artistico. Questo aspetto quanto entra nel compito di programmare una stagione?
«Non è la prima volta che mi è stata fatta questa domanda. Tra l’altro è un argomento di cui a suo tempo ho parlato con Luciano Berio, anche lui impegnato a sua volta come direttore artistico. La mia è un’opera di giustapposizione, anzi una concertazione vera e propria. Compilo i programmi secondo la mia visione musicale, con accostamenti che possono sembrare strani ma che non lo sono. Basti pensare a ad autori come Johannes Brahms e Wolfgang Rihm che hanno molto in comune se eseguiti uno dopo l’altro».
Nel Dna dell’Ort c’è quello di rivolgersi al pubblico di altre città toscano, non solo a quello fiorentino che frequenta il teatro Verdi. In una regione dove tra città diverse c’è molta rivalità, come si è trovato a percorrere questa strada?
«Grazie all’Ort, la Toscana è l’unica regione dove il decentramento culturale avviato negli anni Settanta sia dal Pci sia dalla Dc è oggi molto ramificato. Per me un concerto a Figline Valdarno, a Siena o a Livorno è importante come quello di Firenze. Inoltre stiamo pensando a sviluppare questa presenza regionale con programmi ad hoc pensando alle caratteristiche specifiche della città. Tutto ciò tenendo conto di aspetti storici e architettonici che possano fare da cornice ai concerti».
La stagione 2016-17 si è aperta nel segno dei giovani con i musicisti provenienti dal Conservatorio «Cherubini» di Firenze dell’Istituto «Franci» di Siena sul palco insieme ai professori d’orchestra dell’Ort. Nel programma ci sono altre produzioni con gli allievi strumentisti. Questi giovani cosa trovano all’interno dell’istituzione?
«Una vera e propria casa. Vogliamo andare oltre la collaborazione pura e semplice. In inglese si chiama ’training on the job’ e vuole insegnare ai musicisti ciò che non possono imparare nei loro studi. Gli allievi vengo messi fianco a fianco con i professori d’orchestra: questo porta ad acquisire esperienza oltre a imparare i trucchi del mestiere. L’Ort stessa si farà poi promotrice in altre istituzioni per far suonare a far crescere ancora i giovani musicisti».
C’è stata un’altra novità, ovvero la prima uscita discografica con musiche di Giorgio Federico Ghedini con l’Ort diretta da Daniele Rustioni per la Sony classical. Oggi incidere un disco è un atto di coraggio. Quali sono gli elementi di attrazione di questo album?
«I musicisti del Novecento storico italiano sono stati per anni ignorati. Dai compositori di avanguardia erano considerati reazionari (dal punto di vista creativo) se non fascisti perché attivi nel ventennio. Personalmente come compositore di oggi devo metabolizzare sia la loro produzione sia quella successiva. Quindi questo Cd è la prima tappa di un progetto destinato ai maestri di quel periodo. Una lacuna che dal punti di vista discografico l’Ort sta colmando».
Da poco tempo è scomparso improvvisamente Andrea Tacchi, storica spalla dell’Orchestra. Il 14 febbraio sarà tenuto un omaggio alla sua memoria. Come è stato scelto il programma?
«È lo stesso del concerto che Tacchi stesso avrebbe dovuto concertare. Ma oltre a questo l’orchestra suonerà senza direttore, in pratica concertando se stessa, per ricordare al meglio la sua figura».