di Corina Kolbe foto © Wilfried Hösl
Un enorme capannone industriale si erge sul palcoscenico bagnato da una desolante luce bluastra. Ricorda le costruzioni in ferro dell’Ottocento ma anche le inquietanti Carceri di Giovanni Battista Piranesi, con tanti ponteggi, passerelle e scale che finiscono nel nulla. Una trappola senza via di uscita che diventa metafora della cruda sorte di Katerina L’vovna Izmajlova, protagonista dell’opera lirica Lady Macbeth del distretto di Mzensk. Un nuovo allestimento del capolavoro di Dmitri Šostakovič , firmato dal celebre regista tedesco Harry Kupfer ormai ultraottantenne, è appena stato presentato alla Bayerische Staatsoper. È uno dei “cavalli di battaglia” di Kirill Petrenko, direttore musicale molto amato dal pubblico di Monaco e che tra tre anni succederà a Simon Rattle sul podio dei Berliner Philharmoniker.
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Katerina, moglie insoddisfatta di un facoltoso mercante in un posto sperduto dell’Impero Russo, è in preda ai suoi pensieri funesti. Sebbene padrona di casa si sente prigioniera del suo ambiente patriarcale che le impedisce di realizzarsi come persona. Come Madame Bovary, eroina tragica dell’omonimo romanzo di Gustave Flaubert, si ribella contro la noia soffocante innamorandosi di un altro, in questo caso il bracciante Sergej. La speranza di trovare un nuovo slancio vitale nella passione erotica si rivela un sogno fatale che la vede presto trasformata in un’assassina multipla e tormentata dai rimorsi, come la famigerata Lady Macbeth di William Shakespeare.
Con la sua voce calda e potente Anja Kampe, soprano tedesca apprezzata tra l’altro nel repertorio wagneriano, esprime una vasta gamma di emozioni, dalla noia all’estasi alla più profonda disperazione. Nel ruolo del suocero tiranno e libidinoso si esibisce il noto basso ucraino Anatoli Kotcherga, presenza tutt’ora carismatica, che sul palcoscenico muore dopo aver ingoiato un piatto di funghi conditi da Katerina con il veleno per topi. La seconda vittima è il marito Zinovij Borisovi (Sergej Skorokhodov), ammazzato quando sorprende gli amanti in flagrante delitto. Katerina sostituisce il provocante vestito rosso con un candido abito da sposa. Tuttavia la festa finisce presto perché il cadavere di Zinovij viene scoperto in cantina. Gli sposini sono arrestati e spediti in Siberia. Ancora prima di arrivarci Katerina si vede a sua volta tradita e umiliata da Sergej, fin dall’inizio della storia spinto dai suoi interessi personali piuttosto che da sentimenti amorosi. Ricaduta nella più cupa depressione, alla fine Katerina uccide la concorrente e se stessa sotto un cielo carico di nuvole grigie.
La rappresentazione rimane indimenticabile anche grazie alla direzione intensa e precisa di Petrenko sul podio della formidabile orchestra dell’Opera. Sotto la bacchetta del suo connazionale Šostakovič rivela tutta la sua genialità. Il carattere grottesco-satirico dell’opera diventa palese quando i fiati prendono in giro i personaggi sulla scena, scimmiottandoli. Oppure quando gli interludi sinfonici, ad esempio in forma di passacaglia, sono interrotti da irruzioni tumultuose. Ottoni e percussioni suonano non solo nella fossa d’orchestra ma anche nelle “barcacce”. Tuttavia non mancano momenti di struggente lirismo quando Katerina si indulge nel suo amore. Il quarto e ultimo atto è invece dominato da un’atmosfera cupa e pesante, presagio della tragedia finale. La partitura è ricca di contrasti, con spunti tratti sia dal romanticismo tchaikovskiano sia da tecniche musicali moderne come la dodecafonia. La satira con la quale il compositore intendeva smascherare i comportamenti arbitrari nella società non piacque al dittatore Stalin che nel 1936 fece proibire l’opera. Nessun dissapore invece a Monaco di Baviera dove il pubblico ha tributato applausi entusiasti e meritati a cantanti, musicisti e al regista Kupfer, tornato a collaborare con la Staatsoper dopo un’assenza di più di 15 anni.
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