di Attilio Piovano
Gran successo per questa prima tranche di autunno che ha registrato alcuni vertici assoluti. E allora piace citare innanzitutto la serata che ha visto protagonisti Francesco Manara, primo violino della Filarmonica scaligera e Claudio Voghera, affermato pianista, membri del prestigioso Trio Johannes.
Tutto francese il programma proposto la sera di lunedì 6 dicembre 2021, con la debussiana Sonata in prima posizione, poi seguita dalla non meno fascinosa Sonata dell’alquanto più ‘modernista’ Ravel, per finire con l’effusiva Sonata di Franck. Dei lavori i due interpreti hanno ben colto l’esprit: tecnica sicura ed affiatamento perfetto, di Debussy hanno saputo porre in evidenza quel carattere gioioso che ne costituisce la cifra prevalente, puntando certo sul carezzevole Intermède, ma lasciando poi libero sfogo all’effervescente Finale non immemore di Iberia. Della Sonata di Ravel è particolarmente piaciuto il piglio col quale hanno affrontato il centrale Blues tutto ammiccamenti e mimesi di un sax, così pure bene a fuoco era il movimento conclusivo, angoloso e pungente, superbo esempio della maestria timbrica dell’autore del Boléro. Molto bene poi anche la celeberrima Sonata franckiana della quale Manara e Voghera hanno dato una interpretazione ammirevole per coerenza, bellezza di suono e profondità di lettura. Una gioia ascoltarne l’ultimo tempo, con quell’attacco a canone dall’adamantina limpidità. In programma poi anche una pagina di Nicola Campogrande ancora fresca di inchiostro: e si trattava di Forme di felicità, brano effervescente, solare, energetico ed elegante dalle vaghe assonanze balcaniche e di certo Ravel: pagina ben scritta e di gradevole ascolto. I due interpreti ne hanno colto appieno la Stimmung immettendovi quel tanto di ironia che il lavoro presuppone e illustrandone al meglio lo scanzonato, graffiante humour, come pura la salda struttura, conquistando il folto pubblico. Bis all’insegna della tradizione con la sempre amata (e amabile) Méditation da Thaïs di Massenet.
L’esordio era stato in settembre – in collaborazione con Torino Jazz festival – con Markus Stockhausen (tromba e flicorno), creativo figlio d’arte, accompagnato al pianoforte da Florian Weber col quale forma un solido duo. Stimolante il recital con musiche di loro stessa composizione che non hanno mancato di affascinare il pubblico, nella variegata trama di assonanze e raffinate citazioni. Di spicco poi anche i due concerti pianistici Massimiliano Ferrati – che in ottobre proponeva l’esplorazione dell’integrale di Fantasie e Rondò mozartiani, con bel tocco ed estrema appropriatezza stilistica – e così pure di Filippo Gamba (22 novembre) sul versante impervio del Gotha beethoveniano (Sonate op. 109 e 110) audacemente accostate all’ultimo Brahms, quello autunnale e commovente delle Fantasie op. 116 e degli Intermezzi op. 117 dei quali il colto e impeccabile Gamba ha dato un’interpretazione di rara intensità espressiva e di notevole varietà di colori. Ammirevole.
E ancora: piace registrare il recital del violinista Francesco Senese, ottimamente assecondato dall’esperto Antonio Valentino (18 ottobre): hanno posto a reagire entrambe le Sonate raveliane (quanta grazia e delicatezza nella cosiddetta Sonata postuma), con la pur dissimile Sonata op. 80 di Prokof’ev dalle martellanti fraseologie e dalle armonie acidule, mostrandone tutta la ricchezza e varietà timbrica, armonica e quant’altro: una vera e propria lezione di stile, per la capacità di trascolorare tra aspetti così diversi (e pur complementari) del ‘900 cameristico.
Un Quartetto affermato e dalla lunga esperienza, l’Auryn, che ha confezionato un programma incentrato sugli ‘ultima verba’ di Haydn (Quartetto op. 103 Hob III: 83), Beethoven (Quartetto op. 135) e infine Schubert (Quartetto op. 161 D 887). Sommi professionisti, i quattro membri dell’Auryn si sono confermati cameristi di grande levatura, regalando indicibili emozioni nel corso di una serata memorabile. Non meno validi i pur giovani interpreti del Trio Kanon sul fronte di Beethoven (Trio op. 70 n. 2) e Brahms (il giovanile Trio op. 8): hanno svelato ottime doti, sono già a livelli alti e cresceranno ancora, facendo parlare di loro nell’immediato futuro.
Ed è solo per ragioni di spazio che non ci si può soffermare sul concerto tenuto dal duo Maristella Patuzzi e Andrea Bacchetti (8 novembre) con un programma che spaziava da Tartini a Mozart, Bartók, Sarasate e Bloch. Di spicco poi anche la recente serata (29 novembre) offerta dal Quartetto Nor Arax dai contenuti inconsueti, ovvero volto a far conoscere la musica della tradizione armena, grazie alle appassionate ricerche di Maurizio Redegoso Kharitian; e allora pagine degli ottocenteschi padre Komitas e Georges Gurdjieff, ottimamente interpretate della formazione medesima, costituita da Giacomo Agazzini, Umberto Fantini e Claudia Ravetto, oltre s’intende a Redegoso stesso, ma anche una prima esecuzione del contemporaneo Arthur Ahronian e per finire il Quartetto n. 1 di Tigran Mansurjan dalle vistose assonanze ‘sovietiche’. Da registrare poi ancora la virtuosa ‘collaborazione’ con altre istituzioni quale l’EstOvest Festival che ha ‘fruttato’ un hommage al violoncello contemporaneo, grazie alla maestria del nordico Anssi Karttunen, proiettato sulla interdisciplinarietà di strumento tradizionale ed elaborazione elettronica in tempo reale, con inoltre le suggestioni video della fantasiosa Diana Theocharids. Né era mancato, ancora in ottobre, un pomeriggio dedicato alle intersezioni tra intelligenza artificiale (il robot Sally) musica e video: in un Politecnico, un vero e proprio fiore all’occhiello: potendo contare su un’Aula Magna dalla singolare acustica e dotata di ogni mezzo tecnologico necessario, oltre che di uno dei più validi Steinway gran coda tra quelli dislocati nelle sale torinesi.