Roma – Feltrinelli in via Appia Nuova 427 il 13 ottobre ore 18 – Firenze Sala incontri di Palazzo Vecchio il 15 ottobre ore 12
Sarà presentato domani a Roma e giovedì a Firenze il cd “Five Pieces”, debutto discografico del Duo Gazzana per l’etichetta Ecm di Manfred Eicher, presente agli incontri
Alla fine l’Ecm è una filosofia. Di scelte di suono, di repertori, accostamenti di compositori e certamente di interpreti. È il luogo nel quale gli opposti si danno appuntamento e riescono stare insieme l’antico con il moderno e il moderno con il contemporaneo. Ed è questo secondo il nostro caso. Il Duo Gazzana (Natascia, violino, e Raffaella, pianoforte) rompe il ghiaccio “classico” sul versante italiano in casa Ecm e debutta con “Five Pieces“. Il programma del disco comprende quindi quattro vedute del Novecento: Distance de fée (1951) di Tōru Takemitsu, la terza Sonata (1935) di Paul Hindemith, la Sonata (1914) di Leoš Janáček e Five Pieces (2004) di Valentin Silvestrov. Autori tanto diversi ma che hanno in comune in queste pagine una onirica e non troppo latente forma di tardo romanticismo, storico o interiore, e il Duo Gazzana così approccia queste pagine. Momenti di grande fascinazione sonora, suoni sempre molto fluidi e liquidi non privi di un certo piglio agguerrito quando necessario, intesa ottima. In occasione di questo debutto abbiamo fatto qualche domanda alle interpreti.
Come nasce il vostro duo?
R: Nasce in maniera spontanea. Siamo sorelle, abbiamo avuto un’educazione musicale parallela ed è sempre stato naturale e stimolante suonare insieme.
N: Iniziò Raffaella a studiare il pianoforte, per emulazione decisi di suonare uno strumento anch’io. La scelta ricadde in maniera naturale sul violino. In quel periodo infatti i programmi televisivi abbondavano di trasmissioni culturali. Ogni domenica seguivo con rapimento i concerti di Isaac Stern con la Philadelphia Orchestra… Inoltre i nostri genitori da sempre appassionati di musica classica, pur essendo cultori e insegnanti di lettere classiche, avevano la bella abitudine di svegliarci al mattino con le note dei grandi compositori…
Quali sono stati i primi ascolti?
R: Bach, Mozart, Schubert, Beethoven ma anche Tchaikovsky, Debussy, Verdi, Stravinskij…
Qual’è il repertorio che preferite eseguire?
R: Il nostro repertorio spazia dal XVII al XXI secolo e ci piace arricchirlo continuamente. Non c’è un repertorio d’elezione. A seconda dei momenti e delle esigenze, dettate dal particolare contesto in cui ci esibiamo, scegliamo programmi con autori che risultano per noi, in quel momento, i nostri preferiti.
N: Spostiamo la nostra attenzione ora su capolavori classici ora su quelli del Novecento. Cerchiamo di proporre al pubblico opere anche meno eseguite ma di straordinaria bellezza: la Sonata di Poulenc, le Cinque melodie di Prokof’ev, Tartiniana Seconda di Dallapiccola, la Toccata di Walton, Thème et variations di Messiaen, Fratres di Arvo Pärt… È difficile però proporre queste composizioni in alcuni contesti dove viene generalmente richiesta l’esecuzione di opere più “tradizionali”.
Perché il pubblico non è ancora pronto o c’è una pigrizia intellettuale in certi ambienti?
N: Noi abbiamo una grandissima fiducia nel pubblico. È questo il motivo per cui cerchiamo lì dove è possibile di suonare repertorio meno consueto. Il pubblico non sarà mai pronto se non verranno proposti nuovi lavori. Abbiamo avuto spesso il piacere di incontrare persone che dopo il concerto ci hanno detto di aver particolarmente apprezzato le nostre proposte e di volersi documentare ulteriormente. La pigrizia può dunque essere vinta dal desiderio di conoscenza.
Come è nata l’idea di questo disco e come è stato scelto il repertorio per la registrazione Ecm?
N e R: È stato Manfred Eicher, il produttore dell’ECM, a proporci di incidere un cd. In linea con la sua etichetta discografica, che propone un repertorio poco consueto e in genere del Novecento, abbiamo scelto alcuni brani già presenti nel nostro repertorio. La vera novità è stata per noi Silvestrov. Il suo linguaggio musicale ci ha rapite e affascinate immediatamente, in seguito all’ascolto di molte delle sue opere già presenti nel ricco catalogo ECM, cui Manfred Eicher ci ha generosamente dato libero accesso.
Silvestrov sarà sicuramente una novità per chi non segue la discografia Ecm. Quali sono secondo voi gli aspetti più interessanti della sua musica?
R: Nel corso della sua attività musicale Silvestrov ha attraversato varie fasi, dall’utilizzo della tecnica aleatoria negli anni ’60, al minimalismo diatonico fino alla riscoperta della melodia dagli anni ’70 in poi. I brani composti nel 2004 presenti nel nostro cd, che fanno parte del ciclo delle Melodies of the Moments, sono emblematici del lirismo di Silvestrov. Si tratta di una musica pervasa da un senso di nostalgia, estrema dolcezza, commovente semplicità. Quasi paradossalmente, tale semplicità è raggiunta dall’interprete con non poca difficoltà, viste le numerose e minuziose indicazioni contenute all’interno di ogni singola battuta. Tutto deve risuonare come avvolto nella lontananza, attraverso l’uso accorto di pedali lunghi, mezzi pedali, del pedale una corda presente dall’inizio alla fine dei cinque pezzi, dai rubati continui e dagli improvvisi accelerando, dalle repentine sospensioni. Le dinamiche vanno dal ppp al piano con piccoli picchi che non si spingono oltre il mp. L’approccio che viene suggerito dallo stesso compositore è quello di estrema delicatezza sullo strumento. Forse la più bella definizione della musica di questo sublime compositore ucraino è data da Wolfgang Sandner nel raffinato libretto che accompagna il cd, in cui si dice che Silvestrov ha saputo cogliere quel fiore ai margini del sentiero, lasciato da Schubert nelle sue peregrinazioni musicali…
Parliamo di Takemitsu, è incredibile come fin dalle prime battute sia evidente l’influsso di Messiaen…
R: Certamente possiamo rilevare nell’idioma armonico di Takemitsu l’influsso di Messiaen. Sarebbe tuttavia riduttivo attribuire al compositore giapponese una pura e semplice trasposizione dell’uso dei modi sul modello francese. Si tratta piuttosto di un processo che, come ha ben descritto lo stesso Takemitsu, comporta «un’azione reciproca – arte musicale reimportata in Giappone». Il fascino per la musica impressionistica in parte derivava ai Giapponesi, che solo agli inizi del 1900, dopo lunghi secoli di chiusura, si aprivano al mondo esterno, dal fatto che le armonie su scale modali, tanto care ai compositori francesi, erano di fatto alla base della musica tradizionale nipponica. Entrambe le culture erano poi accomunate da un senso spiccato per il timbro, per gli elementi pittorici e naturalistici. Ciò detto vorrei sottolineare come già Distance de Fée, composto da Takemitsu in giovane età, sia pervaso da una peculiarità molto spiccata e lontana alla cultura occidentale che può essere riassunta nel concetto estetico giapponese del MA.Tale concetto applicato alla musica può tradursi come “Arte del non suono o del vuoto” in cui esiste un inscindibile rapporto di continuità piuttosto che di opposizione tra musica e silenzio. Il silenzio, incorniciato da suoni, aumenta la tensione e funge da unità di frase. Ciò si percepisce sin dalle prime battute della composizione, in cui siamo immediatamente trasportati in un mondo sospeso che quasi emerge dal nulla. Non esistono vere e proprie linee melodiche, piuttosto cellule motiviche molto frammentate e alternate a pause affidate al violino. Queste non vengono mai realmente sviluppate, ma riproposte come ripetizioni letterali o con minime variazioni e supportate da lunghi flussi sonori del pianoforte che non rappresentano altro se non il mondo che ci è intorno e da cui il compositore ha semplicemente estratto un segmento.
Quali sono i programmi per il futuro del duo?
N e R: Gli impegni imminenti sono concentrati sulla promozione del CD, a Roma e a Firenze. Seguiranno poi concerti in Svizzera, Francia e Olanda e in paesi più lontani come il Vietnam e la Corea.