Presentato all’Accademia della Scala il restaurato pianoforte che appartenne a Franz Liszt. Michele Campanella lo ha inaugurato con i tre Sonetti del Petrarca dalle Années de pèlerinage. Questo strumento fu suonato anche da Hans von Bülow e Gabriele D’Annunzio
Scordatevi le masse di suono ottenute da Horowitz nelle pagine lisztiane. Qui non si può e forse non si deve. Ma per il resto lo strumento di Franz Liszt spiega tutto della sua poetica dal momento in cui il compositore affermava “Io sono il mio pianoforte”: spiega la bellezza e le possibilità del cantabile, costringe a ripensare certe funamboliche olimpiadi del tasto nella misura sì del virtuosismo, lontano però da vezzi atletici. [restrict]Uno strumento (costruito nel 1883) dalla voce meravigliosamente calda, tenorile, e che rende perfettamente l’idea dei suoni possibili, quelli che Liszt aveva a disposizione: nella materia, s’intende! «Il restauro ha senso non tanto per questioni filologiche ma per l’importanza del suono: la musica nasce con il suono»
Con queste parole quindi il pianista Michele Campanella, uno degli interpreti italiani che tanto ha approfondito Liszt, introduce questo meraviglioso strumento nell’anno del bicentenario del compositore ungherese (il 22 ottobre la ricorrenza perfetta).

Un gran coda Steinway & Sons, conservato presso il Museo Teatrale alla Scala (numero di matricola: C-227 n.49382), tornato come nuovo dopo il viaggio nei laboratori Steinway di Amburgo, e presentato questa mattina all’Accademia della Scala. Sostituzione delle caviglie, dei martelletti, di un tasto e ricostruzione di alcune parti della tavola armonica. Corde nuove, certo, ma secondo ricostruzioni e materiali d’epoca. Lo Steinway miracoloso tornerà presto al Museo della Scala, per “essere suonato, non come oggetto d’arredo”, ci dice ancora Campanella.

Lo strumento fu donato alla collezione scaligera da Daniela von Bülow, nipote di Franz Liszt. Semplice? No. La Bülow si trasferì con il marito Henrich Thode sul lago di Garda a Villa Cergnasco, requisita dallo Stato Italiano per farne il Vittoriale degli italiani (1921), nelle mani di D’Annunzio. Dopo una lunga battaglia legale il pianoforte tornò alla proprietaria, che lo donò alla Scala. È quindi pregevole questa operazione (costo 25mila euro) che attraverso una cooperazione privato-pubblico italoungherese ha ridato smalto allo strumento. Il momento inaugurativo ha previsto anche l’esecuzione di due Lieder lisztiani, Oh, quand je dors e Bist du, interpretati dal tenore Jihan Shin e Antonella Poli al pianoforte. Molto interessante la presenza del giovane pianista ungherese Zsolt Birtlan.
Il restauro è stato possibile grazie Francesca Parvizyar, Géza Szőcs-Segretario di Stato alla Cultura del Ministero delle Risorse Nazionali della Repubblica di Ungheria, Publitalia 80
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Caro Campanella, ma la domanda è: tra i pianoforti appartenuti a Liszt, in che ordine di “importanza” metterebbe questo strumento, lei che li conosce bene? Per esempio quali sono le differenze tra questo pianoforte e quello conservato a Bayreuth?
Grazie
Caro Bettin,il suo commento è perfetto sia nella formulazione sia nel concetto.Come lei può vedere nel mio libro,ho usato il termine “sordina” per il piano perchè volevo confrontare in modo serrato il senso e l’uso del pedale sinistro con quello ottenuto dalla sordina applicata agli archi.Anch’io considero la sordina ( o il pedale sinistro,come vuole ) un registro,da usare anche quando la musica deve suonare “forte”.Vari autori lo chiedono ,per esempio Debussy in Children’s Corner.
Michele Campanella
Con molto interesse ho letto libro “Il mio Liszt“ scritto da Michele Campanella.
Essendo tecnico di pianoforti specializzato presso la Steinway & Sons di Amburgo e collaboratore per 11 anni presso la Fazioli di Sacile, mi permetto di precisare quanto segue: a pagina 174 II 8, viene trattato l’uso del pedale sinistro del pianoforte, il quel è stato impropriamente definito con il termine “sordina”.
Il pedale sinistro del pianoforte può essere definito sia “sinistro” appunto (dal tedesco linken Pedal), sia pedale “una corda” (perché viene elusa una corda dalla percussione di ogni singolo martello tranne i cori monocordi degli estremi bassi) e sia “pedale di spostamento” (dal tedesco Verschiebung Pedal).
L’abbassamento del pedale sinistro effettua un progressivo spostamento della meccanica-tastiera (verso destra o in rari casi verso sinistra) in modo tale che il feltro del martello tocchi le corde in differenti posizioni fino a eludere completamente una corda dalla percussione del martello stesso, ingenerando così il cosiddetto fenomeno di interferenza o dissimmetria vibratoria delle corde di ogni singolo coro.
La corda non percossa, indotta alla vibrazione dal ponticello, inizia la propria vibrazione in dissimmetria vibratoria rispetto alle corde direttamente colpite, e questa situazione crea un suono residuo fluttuante, il quale allunga il processo di decadimento vibratorio globale del suono, il cosiddetto “sostenuto”.
Molto spesso il pedale sinistro viene erroneamente considerato come “pedale del piano”, dimenticando che effettivamente è un vero e proprio “registro” utile soprattutto per ottenere molteplici e differenti coloriture timbriche, sostenere le melodie prolungate, ed esprimere al meglio la cantabilità del pianoforte stesso: peculiarità difficilmente ottenibili con altri mezzi.
La sordina invece, è un apposito dispositivo costituito in panno di feltro più o meno sottile che viene frapposto tra il martello e le corde in modo tale che venga attutita la percussione dei martelli. Questo dispositivo era applicato anche negli strumenti di Beethoven, Mozart ecc. e a richiesta può essere montato anche negli attuali pianoforti a coda.
Tramite questo dispositivo sarebbe possibile ottenere ulteriori sfumature timbriche e dinamiche.