Il riconoscimento al direttore d’orchestra allievo di Luigi Dallapiccola, Igor Markevitch e Leonard Bernstein
di Michele Manzotti
«È un grande piacere ricevere questo riconoscimento. Ma forse io ho fatto ben poco: è stata la musica, la sua forza, la sua storia a portarmi con sé fino a questo traguardo importante. Questo è anche un messaggio per i giovani, che oggi hanno bisogno di essere stimolati grazie alla bellezza della musica, in contrasto con tanti messaggi negativi che arrivano loro». Così ci ha detto Piero Bellugi prima della cerimonia di consegna del Gonfalone d’argento da parte della Regione Toscana (oltre che del Giglio d’oro dal Comune di Firenze e il riconoscimento di cittadino emerito di Greve in Chianti), quasi sorpreso dalla folla di persone e di autorità che sono venute a salutarlo. Una cerimonia che ha avuto un omaggio musicale anche da parte del figlio David Bellugi al flauto diritto insieme al fisarmonicista Ivano Battiston. D’altra parte il direttore d’orchestra fiorentino, classe 1924, ha una lunga attività alle spalle ed è ancora attivo nella divulgazione della musica. Ha iniziato la sua carriera concertistica negli Stati Uniti debuttando poi alla Scala nel 1960. Ma Bellugi ha portato nei teatri del mondo i compositori italiani contemporanei come Luciano Berio, Luigi Dallapiccola, Luigi Nono, Goffredo Petrassi, Carlo Prosperi e si è dedicato alla formazione fin dalla sua fondazione dell’Orchestra giovanile italiana di Fiesole.

«È stata una cerimonia bella –ha poi spiegato– e non nascondo la mia commozione. Eppure è tanto tempo che non faccio concerti in questa città».
Nel suo discorso introduttivo alla cerimonia, Alberto Batisti ha ricordato le sue interpretazioni di Mozart e Beethoven. C’è un compositore a cui si sente particolarmente legato?
«Generalmente amo molto ciò che dirigo al momento, non ho una preferenza particolare. Ma c’è un autore per il quale ho molta ammirazione e a cui mi sento vicino intellettualmente. È Ferruccio Busoni, di cui in tanti si sono dimenticati e che dovrebbe essere eseguito più spesso, nonostante sia italiano, anzi empolese».
Una volta in Italia guardavamo con invidia al grande valore delle orchestre degli altri paesi. Secondo lei, che ha diretto in tutto il mondo, la situazione come è oggi?
«C’è stata una grande evoluzione in positivo. Secondo me l’orchestra del Maggio musicale come suono non ha niente da invidiare a compagini storiche come quella della Nbc nata in America per le incisioni di Toscanini. Secondo me i professori sono molto più preparati di una volta, fanno musica da camera e così sono più abituati a sapersi ascoltare».
Le piace ancora studiare e approfondire una partitura?
«Mi considero molto curioso: quando affronto nuovamente una pagina musicale è come se la studiassi nuovamente. Mi piace essere un eterno studente, se no non mi divertirei più a scoprire tutte le bellezze della musica»