
Con la consegna a Pierre Boulez del Leone d’oro alla carriera e al Quartetto Prometeo del Leone d’argento, ha preso il via ieri sera il 56° Festival internazionale di musica contemporanea della Biennale di Venezia, affidato da quest’anno al compositore Ivan Fedele
di Patrizia Luppi
«Grazie di questo regalo… molto pesante! L’ho sollevato a fatica, d’ora in poi mi accontenterò di parlare», sorride Pierre Boulez dopo aver mostrato il massiccio Leone d’oro al pubblico e ai fotografi. 87 anni, un’intelligenza creativa lucidissima che non si piega sotto l’età che avanza, il compositore e direttore d’orchestra francese ha ricevuto ieri sera il premio alla carriera della Biennale musica veneziana. A conferirglielo, sul palco del Teatro alle Tese, il presidente della Biennale Paolo Baratta e Ivan Fedele, al suo primo anno come direttore del Settore musica. «Mi avete dato veramente una grande gioia con questo Leone d’oro: per me rappresenta il riconoscimento degli sforzi che ho fatto durante la mia esistenza per tracciare una via che rimarrà, mi auguro, una di quelle possibili per la modernità», ha proseguito Boulez, parlando poi della sua volontà, fin dall’ingresso sulla scena musicale, di non lasciare quest’ultima immutata e del suo anelito perenne alla modernità, che «è prima di tutto il cambiamento verso qualcosa che non si conosce ancora ma che si intuisce». Ha ricordato poi i suoi ottimi rapporti con i compositori italiani fin dai tempi di Darmstadt, in primo luogo gli amici Nono e Maderna, ma anche con quelli delle generazioni successive.

+EXTREME- è il titolo di questa edizione della Biennale Musica – di cui continueremo a raccontarvi nei prossimi giorni – e in effetti il concetto di “estremo” è tanto pertinente all’attività di Pierre Boulez, che sempre si è posto più avanti rispetto al comune sentire (lui stesso, nel discorso di ieri sera, ha riconosciuto come non sempre le sue scelte siano state comprese), quanto a quella del giovane gruppo cameristico al quale è stato assegnato nella stessa occasione il Leone d’argento: il Quartetto Prometeo, nome di punta tra le realtà italiane, capace di muoversi con coerenza e flessibilità tra il repertorio del passato e le più rischiose sfide del contemporaneo (evidenti, queste, nel concerto tenuto prima della premiazione a Ca’ Giustinian, con brani di Franck Bedrossian, Phil Niblock, Carola Bauckholt e Raphaël Cendo). Proprio di sfide ha parlato Francesco Dillon, il violoncellista del Quartetto, ricevendo il premio con i suoi colleghi: ha ricordato quelle dei compositori, con le quali il gruppo è sempre stato disponibile a misurarsi, e ha testimoniato dell’onestà sempre determinante per il Prometeo nell’accostarsi alla musica di ogni genere.
Dopo la cerimonia di premiazione, l’Ensemble Intercontemporain – vicino come nessun altro a Boulez che ne è stato il fondatore – ha interpretato con la proverbiale nitidezza e profondità di penetrazione un programma tripartito: ai margini due pezzi bouleziani, l’uno nato dall’altro, Incises per pianoforte solo (degno di lode Dimitri Vassilakis) e Sur Incises per tre pianoforti, tra arpe e tre percussioni; al centro, un capolavoro di Bartók vicinissimo nell’organico a Sur Incises, la Sonata per due pianoforti e percussioni.
Come per il concerto previsto per questa sera, con il percussionista Simone Beneventi e la FVG Mitteleuropa Orchestra impegnati in brani di Cage, Skrzypczak, Gubaidulina e Campana (ve ne riferiremo domani), anche per la serata inaugurale di ieri è stata prevista, oltre alla diretta su RadioTre, la diffusione in streaming su Quarto Palcoscenico (www.labiennale.org).
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