Si è spento ieri a New York all’età di 85 anni il pianista, docente universitario, critico, musicologo. Autore di importanti saggi quali Lo stile classico, Le forme-sonata, La generazione romantica
di Barbara Babic
Ci vorrebbero solo circa otto ore per leggere tutte le Sonate di Schubert – ancor meno se si saltano i ritornelli – e circa altre cinque per per conoscere il resto che ha scritto per pianoforte solo […] In circa sei mesi di lettura a prima vista per tre ore al giorno si potrebbe passare attraverso la maggior parte della musica per tastiera di Bach, Haendel, Mozart, Chopin, Schumann, Mendelssohn e Brahms. In un altro paio di mesi si possono aggiungere Haydn, Debussy e Ravel. Un’ora e un quarto sarebbe sufficiente per tutta la musica per pianoforte di Schoenberg, e in un’ora e mezza si arriva a Stravinsky, comprese le opere per pianoforte e orchestra, e dieci minuti ciascuno per le opere per pianoforte solo di Webern e Berg. Non aver fatto questo… è un handicap. (Charles Rosen, Piano Notes, Edt)
O re, mesi, anni di studio e di ricerca, al pianoforte e alla scrivania, in una vita dedicata alla musica tout court, sempre illuminata da più prospettive, quella di esecutore, musicologo, critico e docente. Charles Rosen, nato a New York il 5 maggio 1927, inizia gli studi pianistici con Moriz Rosenthal, uno dei più celebri allievi di Liszt (ricordò in un’intervista: «Da Rosenthal non sono mai riuscito a sapere qualcosa in merito al metodo di insegnamento di Liszt, se non che era difficile convincere Liszt a lasciare il Café per tornare a lezione»). Il debutto sulla scena concertistica risale al 1951, a cui segue da subito un’intensa attività concertistica e discografica. Allo studio e all’incisione dei grandi classici (per indicarne alcuni L’arte della fuga e le Variazioni Goldberg di Bach, le ultime cinque Sonate di Beethoven e le Variazioni Diabelli, alcune Sonate di Mozart e Scarlatti, Schumann, Chopin e molti altri) accosta da subito un vivo interesse verso la musica contemporanea. Nel 1961 dà con Ralph Kirkpatrick la prima esecuzione mondiale del Double Concerto per pianoforte e clavicembalo di Elliott Carter, mentre Boulez lo sceglie come pianista per l’integrale dell’opera di Webern da lui curata e Stravinsky gli affida la registrazione di alcune sue opere pianistiche, Sonata e alcuni Movements per pianoforte e orchestra.
Molti gli scritti musicologici, opere sempre brillanti e raffinate, ormai presenti in tutte le biblioteche di appassionati e specialisti: The Classical Style (Lo stile classico, 1971), Sonata Forms (Le forme sonata, 1988), le monografie su Schoenberg (1976, 1996), The Romantic Generation (La generazione romantica, 1995, con cui ricevette l’Otto Kinkeldey Award dell’American Musicological Society), Beethoven’s Piano Sonatas (Le sonate di Beethoven, 2001), Piano Notes: The World of the Pianist (2002), in cui sempre è vivida la duplice prospettiva di pianista e teorico. Feconda anche l’attività accademica: in seguito al conseguimento del dottorato in lingue romanze alla Princeton University, fu docente in prestigiose accademie internazionali (Harvard University, University of Chicago, University of Oxford e Royal Nothern College of Music).
Charles Rosen si è spento lasciandoci un’eredità musicale e musicologica di enorme valore, in cui accanto al puro «amore per la musica classica» è sempre presente la ferma «determinazione di ascoltare con cura, prestare molta attenzione, una decisione motivata inevitabilmente dal prestigio culturale e sociale dell’arte».
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La testimonianza di Roberto Prosseda
Rosen è stato sicuramente uno dei grandi musicologi del Novecento, una delle più grandi menti musicali oserei dire, perché musicologo è una parola che a lui stava molto stretta, non gradiva questa definizione. Lui era fondamentalmente un grande musicista, pianista concertista, infatti mi ha sempre confermato che i suoi studi musicologici e della storia delle forme, i suoi approfondimenti analitici sono stati una naturale conseguenza del suo approfondimento interpretativo. L’ho conosciuto ai corsi di Sermoneta nel ’94, subito dopo il mio diploma. Lui è stato spesso ospite ai corsi di Sermoneta dove ha tenuto anche vari seminari sulle sonate di Beethoven. Tra l’altro il suo libro sulle sonate di Beethoven pubblicato da Astrolabio è stato messo a punto per quie corsi e dedicato ai suoi allievi di Sermoneta. A me ha aperto molti orizzonti, ho fatto molte lezioni con lui. Aveva una enorme capacità di sintesi oltre che di analisi. Non andava troppo nel dettaglio, non stava mezz’ora su una pagina: faceva suonare da capo a fondo per avere la visione d’insieme, e subito faceva notare con molta puntualità ma anche molto garbo quelle che erano le incongurenze dell’interpretazione. Ma non imponeva la propria visione. Gli dava però molto fastidio se qualcosa non era coerente. E poi anche dal punto di vista della dizione musicale, della lettura, del segno, della notazione aveva le idee chiarissime. Addirittura come “cambia” la durata di una stessa nota se suoniamo Haydn o Chopin. Saper leggere il segno, e dal segno al suono. Era una persona di impressionante cultura, di grande disponibilità. Adorava conversare e seguiva molti argomenti: attualità, politica ma era anche un grande esperto di cucina e di storia della cucina. Ricordo una volta a casa sua a New York cucinò una faraona eccezionale. Poi un elemento più anglosassone, cosa abbastanza insolita per noi, pur essendo una grande celebrità e autorità, era anche molto modesto, molto alla mano con tutti.
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con il suo lungo e lucido viaggio in una letteratura estesissima ci ha insegnato la curiosità, il bisogno di approfondire, la gioia della scoperta.