Editoriale • La libertà d’espressione è avere un biglietto gratuito in teatro? Il direttore del “Corriere della Sera” denuncia la messa al bando da parte del sovrintendente della Scala del proprio critico musicale
di Simeone Pozzini
L’intenzione del vero potente è, infatti, incredibilmente grottesca: egli vuole essere l’unico. Vuole sopravvivere a tutti affinché nessuno sopravviva a lui.
Elias Canetti
N on sarebbe ingiustamente un “caso” se non fossero coinvolti uno dei più importanti quotidiani nazionali, il Corriere della Sera, ed uno dei più importanti teatri italiani ed internazionali, il Teatro alla Scala. Paolo Isotta è il critico musicale del Corsera, ed è un critico preparato e reazionario. Spesso i suoi giudizi lapidari, stucchevoli, ampollosi e privi di spiegazioni hanno dipinto l’immagine di grandi personalità in modo risibile, soffermandosi su dettagli altri rispetto al fatto musicale. Questione di stile? La Scala difenderà i propri artisti, il Corriere della Sera il proprio critico musicale: l’ha fatto già ieri con un piccolo editoriale a pagina 52, nella rubrica “Idee e opinioni”. Firmato dal direttore Ferruccio de Bortoli, il quale dice molto, dicendo molto poco. Isotta sarebbe «non gradito» dal sovrintendente del Teatro alla Scala Stéphane Lissner, il quale avrebbe già chiesto la testa del critico attraverso una lettera il 18 ottobre 2011. Ed evidentemente, da quanto si può capire, anche con una nuova comunicazione in tempi recenti («non l’avrà nemmeno questa volta»), della quale sarebbe però stato corretto dire qualcosa in più, nel caso di una nuova lettera avrebbe dovuto pubblicare degli stralci per far capire il livello dichiarato di repressione. Forse però si trattava di una lettera privata, per la quale era necessario il consenso del mittente? O di una lettera ufficiale? Una telefonata? La valutazione non muta nulla riguardo al fatto in sé, ma è di fondamentale importanza dal punto di vista istituzionale e sociale. Al momento manca la replica, a questo punto ci si attende ufficiale, del teatro milanese.
Il diritto di critica è sacro e inviolabile. È un principio sul quale si basa la relazione tra la creazione o l’interpretazione di un’opera d’arte e la lettura che un esperto, un “critico”, è in grado di dare ai non presenti e di lasciare ad un seppur parziale tassello della Storia. Ma ognuno deve saper fare bene la propria parte. Altrimenti la morfologia del potere e della sopravvivenza (di sé o di quella parte che si rappresenta) assumerà sempre connotati di lobby, di sfida personale, di confronti generazionali e istituzionali, di mistificazione dell’atto artistico, dove tutti vogliono essere l’unico della citazione di Canetti. Non sapremmo come spiegare diversamente il “caso Isotta” se non come la punta dell’iceberg di una situazione francamente non ancora molto chiara nei retroscena, sicuramente più complessa di una semplice recensione considerata negativa per i giudizi su Harding e Abbado (che figurerebbe indirettamente come un non direttore). Qui nessuno fa una bella figura. Lissner vuole difendere l’immagine della propria istituzione, ma lo fa nel modo più sbagliato e arrogante possibile. De Bortoli nella sua posizione non può che difendere il critico. E lo fa in modo più che condivisibile, ma con qualche frana. Sostiene che la libertà di critica è sacra «purché non scada mai nei toni e nei contenuti», ma riconosce che «Isotta non è alieno dagli eccessi». E l’elenco degli eccessi di Isotta non è proprio breve. Inoltre afferma che Isotta è «bandito». Tradotto: se la situazione rimarrà così com’è il Corriere della Sera comprerà il biglietto invece di avere l’accredito stampa. Isotta continuerà a scrivere quello che gli pare e non sarà rimosso dal Corsera (ed è ridicolo che sia un sovrintendente a chiederne la testa) dove è saldamente poltronato dal 1979.
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Scorrendo la biografia si vede che, mentre Isotta se ne stava a dire la sua dalla poltrona concessogli da un quotidiano nazionale importante, Lissner dirigeva e amministrava stagioni di musica e teatro di grande livello internazionale. Credo che per dare un giudizio sul contenzioso si dovrebbe saperne di più dei precedenti degli imputati: quante volte Lissner si è comportato come in questo caso e quante volte Isotta ha agito nello stesso modo che ha suscitato la reazione di Lissner.
Personalmente sono convinto che ne uscirebbe materia per una bella piéce di teatro popolare con una maschera italiana intenta a imbonire il serio e onesto straniero. Che in Italia non ci tornerà più.