
In un piccolo e ricercato locale giapponese, nato dalla tradizione dei record-kissa, si suona musica d’arte (classica o contemporanea). Modello di produzione e fruizione interessante quando abbinato alla qualità
di Luciana Galliano
IN UN PICCOLO CAFFÈ DI KYOTO, il 3 novembre scorso festa nazionale della cultura, si è tenuto un concerto monografico di lavori pianistici di Jō Kondō eseguiti dal pianista Hiroaki Ooi. Jō Kondō è un compositore quasi settantenne noto anche in Europa, specie a Londra, e che ha un certo nome anche in Italia dopo alcune apparizioni al Festival Pontino e una commissione del Maggio Musicale di Firenze nel 1994 – l’opera in un atto Hagoromo, per la regia di Bob Wilson, aveva avuto un certo successo. Anche il pianista, Hiroaki Ooi, è stato abbastanza presente in Italia; allievo di Bruno Canino, era stato notato per una epica esecuzione dei lavori pianistici di Xenakis alla Biennale.

Kyoto è una affascinante città, non ha la dimensione dinamica e metropolitana della capitale Tokyo, e sembra piuttosto certe città europee per antichità, bellezza, aristocrazia ma anche tradizione, bon ton, riservatezza. Vi accadono cose particolari, per esempio la musica nei caffè – i rimanenti di una lunga tradizione di record-kissa, i caffè dove era possibile sentire dischi di musica quando non in tutte le case esisteva un giradischi, e che si distinguevano per la loro affezione ad un particolare genere. Molto noti e frequentati quelli di jazz, qualcuno anche di musica contemporanea… Adesso che tutti possiedono apparecchi per la riproduzione di musica, alcuni di questi caffè si sono riorientati alla musica dal vivo, e uno di questi, il Cafè Montage, non lontano dall’antico Palazzo Imperiale, propone una piccola stagione di grande interesse.
La sala è piccola, può contenere comodamente 40-45 persone. Il proprietario, Shin’ya Takada, è un giovane entusiasta che offre da bere, accorda il pianoforte, chiacchiera affabilmente con i suoi “ospiti” (che pagano un biglietto davvero popolare) e propone musicisti anche di grande prestigio, come in questo caso (il livello delle esecuzioni dei musicisti giapponesi è comunque, normalmente, molto alto). Alvune settimane prima vi si era tenuta una esecuzione splendida, grazie anche alla dimensione intima, del Verklärte Nacht di Schönberg per sestetto d’archi. Kondō è noto per una sua particolare concezione si potrebbe dire pre-minimalista della musica, una musica “lineare” che accosta sonorità in qualche modo irrelate, che si influenzano l’una con l’altra. Il concerto prevedeva nella prima parte lavori risalenti agli anni Settanta, di cui uno solo per pianoforte e gli altri trascritti dall’autore. Un brano relativamente famoso perché nel repertorio di molti gruppi da camera, Sight Rhythmics, suona nella versione pianistica anche più originale e accattivante grazie alle inusuali frizioni di armonici; quest’idea di musica come di monadi risuona perfettamente nel preciso uso del pedale di Ooi (che per comodità e precisione ha suonato senza scarpe).
La seconda parte del concerto prevedeva brani più recenti, dagli anni Novanta in poi, e il confronto si è rivelato estremamente interessante: in qualche modo il costrutto si ispessisce, si fa più profondo e vario il registro, anche le figure ritmiche, nel primo periodo abbastanza statiche ed estatiche diventano più mobili e nitidamente tracciate, la gamma degli ambiti espressivi accoglie ruvidità. durezze, intensità. Tutti i brani eseguiti sono nati originariamente per pianoforte; notevoli High Window (1996) o Ritornello (2005). Ooi è un pianista che realizza molto bene gli aspetti plastici delle partiture, e la sua esecuzione è stata pregnante. Due ore di musica molto particolare eppure anche particolarmente aperta, che lascia all’ascolto molto spazio di pensiero. All’inizio di ognuna delle due parti il compositore ha chiacchierato col pubblico della sua musica, familiarmente vista la dimensione dello spazio e colloquialmente, visto che il pubblico era infine composto in gran parte di conoscenti, cultori e aficionados. Alla fine si poteva percepire un sentimento come di aver condiviso impressioni molto intime, amichevolmente, come passeggiando attraverso paesaggi inediti e inaspettatamente colorati.