È morta ieri a Milano all’età di 104 anni il soprano di vasta statura, esempio d’umiltà e dedizione, signora elegante del mondo della lirica
di Attilio Piovano
SE NE È ANDATA IERI, 8 settembre, in punta di piedi alla veneranda età di 104 anni, a Milano dove aveva messo solide radici da decenni (viveva in una aristocratica abitazione non lontano da Santa Maria delle Grazie e nella città della Madonnina, già nel 2009, a un anno dal compiere 100 anni, le erano stati tributati vari omaggi): Magda Olivero, soprano di vasta statura, donna bellissima e attrice di rara sensibilità, avvezza ai teatri di tutto il mondo, gran signora della lirica di altri tempi.
Era nata a Saluzzo nel marzo del 1910 (e non del 1912 come erroneamente riportano vari repertori) si era dedicata al pianoforte, diplomandosi al Conservatorio di Torino dove aveva studiato con Ghedini, s’era occupata di danza e appena diciottenne era entrata alla scuola per cantanti dell’EIAR, l’ente che sarebbe poi divenuto la RAI studiando con Luigi Gerussi (in varie interviste la Olivero narrò con commozione della prima audizione all’Eiar di fronte a Ugo Tansini, Attilio Parelli e il grande Leone Sinigaglia, da cui la decisione di intraprendere veri studi). L’esordio nel 1933 al Vittorio Emanuele di Torino come Lauretta in Gianni Schicchi di Puccini. E Puccini restò uno dei suoi autori prediletti. Il grande salto a fine anni Trenta con le prime apparizioni alla Scala dove fu assidua tra il ’38 e il ’39 (in realtà vi era già apparsa in una particina in Nabucco nel 1933 accanto a mostri sacri del calibro di Tancredi Pasero, Gina Cigna ed Ebe Stignani), dove tornò nel alla fine degli anni Cinquanta e l’ultima volta nel 1974 per la Jenůfa di Leoš Janáček. Poi le vicende familiari, un matrimonio felice (nel ’41) e gli anni bui della Guerra; solo nei primi anni Cinquanta la vera e propria ripresa sulle scene (dopo anni in cui cantò in spettacoli di beneficenza, la sua generosità e la sua religiosità furono proverbiali per tutta la vita, e tuttora in molti ricordano tale aspetto del suo essere) ed eccola nel 1951 interprete straordinaria di Adriana Lecouvreur, al Teatro Grande di Brescia, un titolo al quale resterà poi sempre affezionata, quale vera «umile ancella del genio creatore», come amava definirsi (quanto meno è un’affermazione che le fu attribuita e le sta a pennello). Il rispetto per il dettato testuale fu sempre un punto di forza delle sue interpretazioni, come pure il rigore inflessibile con se stessa, in decenni di luminosa carriera. Tuttora schiere di appassionati ricordano le emozioni provate nel corso delle sue apparizioni e delle sue interpretazioni che in molti non esitarono a definire ‘sublimi e coinvolgenti’.
«Infaticabile e intransigente con se stessa e collaborativa con tutti; sulle scene e nella vita, con un ammirevole stile unico da gran signora, condito e sostenuto da una fede profonda e da una religiosità intrisa di benefico altruismo», così la ricorda un amico torinese melomane, raggiunto al telefono, che la seguì a lungo in palcoscenico negli anni ’50-70. Anni nel corso dei quali la grande Magda fu all’Opera di Roma, e alla Scala, al San Carlo dove inaugurò la stagione 1959-60, ma anche a Dallas e al Metropolitan, il mitico Met dove cantò ne La voix humaine capolavoro di Poulenc (fu sempre assai aperta alla musica del Novecento) e Tosca nel 1975. Ancora Poulenc, da citare, per i sublimi Dialoghi delle Carmelitane, e poi opere di Testi e Saguet, oltre s’intende ai grandi nomi del repertorio: un repertorio che la vide interprete di oltre quaranta titoli (qualcuno dice addirittura cinquanta o sessanta), da Rossellini a Menotti, da Malipiero a Nino Rota, e tra i tanti spicca la sua amata Francesca da Rimini (di Zandonai) che cantò alla Scala nel ’59 con la direzione di Gianandrea Gavazzeni; e fu Iris e Wally e l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Alta, sempre elegantissima, aristocratica e pur affabile, Magda Olivero – recitano le cronache e confermano coloro che ebbero il privilegio di ascoltarla dal vivo — ebbe una musicalità specialissima, una tecnica solida e un timbro trasparente, cristallino e pur corposo che le consentì di conquistare il pubblico. Si tenne sempre lontano dalle polemiche e da quelle rivalità mondane che videro contrapposte non poche star della lirica (fu amica della Tebaldi che stimava e dalla quale era stimata e ammirata). Aveva cantato una parte minore nel capolavoro di Alfano, La leggenda di Sakuntala, e il sanguigno maestro napoletano la volle in Resurrezione nel ruolo della protagonista Katiusha, ruolo nel quale diede tutta se stessa, come ebbe a dire in un’intervista di pochi anni or sono. Più volte ebbe a rievocare il suo ‘morire veramente’ in Adriana, l’identificarsi in toto con la parte e non limitarsi ad eseguirla. Evitò sempre quello che oggi si chiama gossip e fondò su sani valori artistici la propria crescita. Fu anche didatta di notevole levatura: ebbe sempre una speciale attenzione ai giovani, fino ad anni assai recenti.
Cantò accanto a bei nomi del gotha internazionale della lirica e si tenne sempre defilata da pettegolezzi, maldicenze e miserie umane, convinta che l’arte sia una vera e propria missione. Detestava la fretta e la superficialità del mondo contemporaneo. Difficile immaginare Magda Olivero a contatto con i ritmi frenetici della contemporaneità, «l’ansia di guadagno facile» (sono parole sue) le spedizioni da un capo all’altro del mondo, i recital incastrati tra varie recite, pur di far cassetta, un piede in camerino e l’altro già pronto verso la scaletta dell’aereo…
Una signora d’altri tempi che commuoveva il suo pubblico dopo essere entrata nella pelle dei suoi personaggi, in primis – s’è detto – l’indimenticabile Adriana, nel capolavoro di Cilea, trasformandosi sul palcoscenico in una vera interprete a 360 gradi, cantante-attrice e non solo (come spesso oggi accade) semplice esecutrice. A un critico che le domandò, poco prima del suo centesimo compleanno, per cosa le sarebbe piaciuto essere ricordata rispose con candore (e umiltà): «Per il fatto che la mia voce sapeva parlare al cuore e allo spirito». E in quest’affermazione c’è tutta Magda Olivero. A chi per ragioni anagrafiche non ebbe il privilegio di ascoltarla dal vivo resta il rimpianto, e le registrazioni non possono che sanare in minima parte la lacuna.