In esclusiva italiana tre produzioni internazionali per scoprire o riscoprire l’operetta. La contessa Mariza di Kálmán, Il pipistrello di Strauss, La vedova allegra di Lehár
di Chiara Lijoi
Diciamoci la verità: chi di noi non ha mai sorriso ascoltando un valzer di Strauss e provando magari anche ad accennare qualche passo? Ora proviamo ad immaginare una composizione molto più lunga che raccolga tutti questi ammiccamenti e li unisca a dialoghi, arie e danze: ecco che siamo trascinati nello sfavillante mondo dell’operetta viennese, alla quale il Ravenna Festival dedica la Trilogia d’Autunno di quest’anno.
Un genere, quello dell’operetta, che affonda le sue radici nella Parigi di metà Ottocento, con i capolavori di Offenbach, per poi trasferire il proprio centro nevralgico a Vienna, a Budapest e nelle principali città dell’impero asburgico ormai in piena decadenza, ma allo stesso tempo fremente vivaio culturale. L’abilità richiesta agli artisti per alleggerire la sontuosità dello stile operistico fa si che il risultato non sia un derivato del genere convenzionale, ma una nuova modalità espressiva che lascia comunque spazio al virtuosismo e che va pian piano definendo le proprie convenzioni, tratteggiando la propria fisionomia fino ad essere considerata il precursore dei musical. Un imperdibile trittico danubiano arriva per la prima volta in Italia al Ravenna Festival nelle produzioni dei migliori teatri ungheresi, che vedono il connubio tra l’Orchestra Filarmonica Kodály, il coro del Teatro Csokonai e il corpo di ballo del Teatro dell’Operetta di Budapest.
Si comincia venerdì 14 ottobre – con replica martedì 18 – con la Gräfin Mariza (Contessa Mariza) di Kálmán, che unendo influenze tzigane ad una raffinata orchestrazione conquistò il pubblico del primo dopoguerra e nientedimeno che il cuore di Toscanini. Sul podio, Kero (Miklos Gàbor Kerènyi), direttore musicale dell’Operetta di Budapest, che dirigerà l’orchestra ungherese anche in occasione della seconda produzione in programma. Sabato 15 – e rispettiva doppia replica mercoledì 19 e venerdì 21 – sarà infatti il turno dell’intramontabile Die Fledermaus (Il pipistrello) di Strauss, consacrato a classico nel suo genere, in cui i tempi di danza scandiscono i rocamboleschi scambi di ruolo della trama che racconta la carnevalesca vendetta del pipistrello.
A coronare la Trilogia, Die lustige Witwe (La vedova allegra) di Lehár domenica 16 ottobre (repliche lunedì 17, giovedì 20), l’operetta viennese che nel 1905 travolse con il suo successo il mondo intero, aggiudicandosi il posto nei repertori tutt’ora messi in scena nei teatri di tutto il mondo, nonostante il genere dell’operetta sia spesso tralasciato.
E non è tutto: il Ravenna Festival con questo programma non si accontenta di portare sul palcoscenico le colonne portanti del repertorio operettistico, ma, guardando alla cornice austro-ungarica e in particolare alle ipnotiche sonorità tzigane, dedica la giornata finale di domenica 23 ottobre ad un centinaio di musicisti riuniti nella Budapest Gypsy Symphony Orchestra che accosteranno musiche della tradizione ungherese a funamboliche esecuzioni di celebri compositori come Liszt, Bartók, Strauss, che da queste tradizioni sono nati o sono stati ammaliati. Un’esperienza musicale completa che la prossima settimana invaderà Ravenna sull’onda del Danubio nel nome dell’operetta.