di Lorenzo Galesso


Se qualche anno fa mi avessero chiesto cosa fa un critico musicale, probabilmente non avrei saputo rispondere in maniera soddisfacente.  Forse perché influenzato – e in parte affascinato – dall’idea adolescenziale di poter giudicare  da un altissimo scranno il prodotto intellettuale del povero musicista di turno. Tale idea fu foraggiata anche da uno dei miei insegnanti di strumento, secondo il quale se un musicista riceveva una pessima recensione, doveva semplicemente incassare senza replicare. In realtà con il tempo tale idea ha lasciato il posto a una sempre crescente incertezza, figlia del fatto che, come suggerisce Alex Ross, «ogni forma d’arte elude i lacci della descrizione verbale […] c’è un confine avvolto da fitte nebbie oltre il quale il linguaggio non può andare». Ecco quindi il vero compito del critico musicale: non giudicare, bensì dipanare, almeno in parte, le fitte nebbie che avvolgono certi repertori, donando loro nuova luce. La stessa luce che L’algebra delle lampade – l’ultima fatica editoriale di Paolo Tarsi – getta su alcune delle migliori opere della musica colta contemporanea.

Fin dalla struttura è possibile evincere la volontà di accompagnare l’ascoltatore in un mirabolante dedalo musicale: Tarsi infatti raccoglie molti dei suoi articoli, sia inediti che versioni di articoli rivisti e aggiornati, ispirandosi all’assetto architettonico della Knole House, residenza in stile Tudor della seconda metà del quindicesimo secolo nel cui parco furono girati i video di Strawberry fields forever e Penny Lane dei Beatles. Infatti se nella suddetta calendar house è possibile attraversare 52 corridoi, visitare le sue 365 stanze e passeggiare nei suoi 7 differenti cortili, allo stesso modo il lettore de’ L’algebra delle lampade può spaziare per le 52 schede dedicate per lo più a dischi di musica colta contemporanea presenti nella prima parte, crogiolarsi nella serie di sette interviste della seconda parte e infine bearsi di un elenco di trecentosessantacinque dischi nella terza e ultima parte, con un ascolto consigliato per ogni giorno dell’anno.

La volontà di dare dei riferimenti puntuali al lettore durante l’ascolto traspare anche da un uso piuttosto costante di rimandi extramusicali, aneddotici e biografici non solamente riguardanti compositori o esecutori descritti, ma anche relativi a figure importanti dell’arte e della letteratura, creando una rete di collegamenti profondamente euristica; esempi di questa tendenza possono essere ritrovati nelle schede della prima parte, dove parlando di Autotono di Bussotti l’autore ricorda la passione del compositore per cartoni animati e fumetti come Simpson e Ranxerox, oppure recensendo Cage chiama in causa le opere di Duchamp, Wittgenstein e Plotino. Anche nella seconda parte permane un’atmosfera insolitamente scevra da timori reverenziali, nonostante Tarsi si confronti con personalità del calibro di Ron Geesin, che collaborò con Roger Waters alla realizzazione degli arrangiamenti per la pietra miliare dei Pink Floyd Atom Heart Mother.

La scioltezza che Tarsi dimostra nel delineare diverse tipologie di opere musicali o nell’intervistare questa grandi personalità conferiscono un’insolita leggerezza al libro, il quale non si configura più come raccolta tediosa di recensioni avulse dalle vere esigenze dell’ascoltatore, bensì come concreto supporto alla comprensione di orizzonti sonori poco esplorati dall’ascoltatore medio, riuscendo così nell’intento di togliere il moggio dalla lanterna, illuminando tutto il panorama musicale circostante.

Lorenzo Galesso

Lorenzo Galesso

Chitarrista e musicologo, ha frequentato il biennio di chitarra presso il conservatorio di Bolzano, discutendo una tesi su Antonio José. Si é laureato presso l'Università degli Studi di Milano con una tesi riguardante il compositore Ferdinand Rebay, di cui ha curato l'inventario del monastero di Heiligenkreuz. Ha svolto attività di critico musicale presso il sito web Eyeonmusica, recensendo concerti e registrazioni di musica non - eurocolta

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