Si è spenta una grande figura musicale del nostro e dello scorso secolo: compositore roccioso, teorico rigoroso, saggista autorevole, in realtà un visionario, musicista a tutto tondo che ha esercitato il suo carisma ad ogni livello della pratica musicale
Ieri, 5 gennaio 2016, si è spento a Baden-Baden (Germania) il compositore e direttore d’orchestra Pierre Boulez; la notizia, divulgata questa mattina dalla famiglia, è ripresa da tutte le maggiori testate francesi. Con la sua scomparsa, il Novecento musicale perde una delle sue figure più importanti e discusse: compositore, teorico, pedagogo, organizzatore e divulgatore, Boulez è stato un intellettuale di primo piano nella musica contemporanea del secolo scorso.
Pierre Boulez è stato un interprete di grandi compositori a cavallo tra Otto e Novecento (Stravinskji, Bartòk, Debussy) e in particolare della Seconda scuola di Vienna, promotore delle opere di Xenaxis, Donatoni, Dufourt, Fernyhough, Harvey, Höller, Messiaen (di cui fu allievo) e moltissimi altri dei quali ci ha consegnato registrazioni di riferimento (qui e qui), paladino della serialità integrale e instancabile sperimentatore, a lui si devono negli anni Settanta la fondazione dell’Ensemble Intercontemporain e dell’Institut de recherche et de coordination acoustique-musique (Ircam) di cui è stato direttore fino al 1992. Nel gennaio 2015 si è inaugurata la Philharmonie de Paris, da lui fortemente voluta. Malato da tempo, nello scorso anno che ha visto numerose iniziative in occasione del suo novantesimo compleanno (guarda la timeline del Corriere Musicale), aveva dovuto rinunciare ad alcuni dei suoi incarichi più prestigiosi, tra cui la direzione dell’Accademia del Lucerne Festival.
E poi, naturalmente, la sua opera compositiva, della quale possiamo offrire ai nostri lettori una parziale analisi della poetica con il documento audio integrale di una dotta conferenza tenuta da Robert Piencikowski, uno dei più illustri studiosi della musica di Pierre Boulez.
«L’utopia di Pierre Boulez – scrive Luciana Galliano in questa recensione –, urgente in quegli anni del dopoguerra, di poter liberare la musica da qualsiasi contaminazione con un passato sanguinario, attraverso una indefettibile costruzione musical-architettonica, fu il serialismo totale. Molto presto però, alla fine degli anni Cinquanta, Nicholas Ruwet denunziò le aporie di una struttura musicale meravigliosa sulla carta ma inudibile all’esecuzione, poi seguìto con analoghi e più estesi argomenti nel 1960 da György Ligeti, con il fondamentale articolo Metamorfosi della forma musicale».
Conversazioni sulla direzione d’orchestra è un libro-intervista (a cura di Jean Vermeil) nel quale il compositore si racconta e tocca vari aspetti della professione e delle sue scelte musicali. Vi proponiamo qui dieci brevissimi estratti dai tanti passaggi significativi.
Suggerimenti discografici
Pierre Boulez – The Complete Erato Recordings
Boulez – 20th Century