di Michele Manzotti
Un programma operistico che ha caratterizzato un concerto. Un biglietto da visita importate per un’istituzione musicale italiana che si fa conoscere all’estero. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino è reduce dal festival tunisino di El Jem dove in un anfiteatro patrimonio dell’Unesco ha presentato un gala operistico con i giovani cantanti dell’Accademia del Maggio. In occasione di questa trasferta, che ha chiuso la stagione 2015-16 dell’Opera di Firenze, abbiamo parlato con Pierangelo Conte, coordinatore artistico dell’Opera di Firenze, dei recenti spettacoli fiorentini e dei prossimi allestimenti.
L’opera è tornata in un una cornice architettonica di pregio come Palazzo Pitti, luogo dove una volta c’erano stagioni concertistiche e allestimenti teatrali. Quale bilancio può fare della risposta del pubblico?
«Si è trattato di un primo esperimento con tre titoli d’opera (Traviata, Elisir d’amore, Barbiere di Siviglia) e quattro concerti dove sono stati coinvolti come solisti anche alcune prime parti dell’orchestra. Il bilancio è stato molto incoraggiante con una vendita dei biglietti che è andata tra il 60 e l’80% ma il dato che considero molto positivo riguarda il tutto esaurito nelle ultime recite di Traviata e Barbiere. Inoltre l’offerta è stata completata con i concerti della Brass Week per un totale di 27 sere impegnate dal 20 giugno a 28 luglio».
Per quanto riguarda l’attività artistica a partire dallo scorso anno, l’Opera di Firenze alterna novità e nuove produzioni a una proposta di repertorio. Come hanno risposto le componenti artistiche?
«Hanno riposto tutti con professionalità e duttilità incredibile. Aggiungo anche quella delle masse tecniche (impegnate con l’opera a Palazzo Pitti) e della struttura. Faccio solo l’esempio dell’orchestra: in pochi giorni ha affrontato un lavoro impegnativo come la Missa Solemnis e le tre opere che ho ricordato prima, a poca distanza dalla musica dei Led Zeppelin e dai concerti di musica contemporanea. La programmazione d’altra parte sarà sempre più intensa e diversificata».
Orchestra e coro hanno raggiunto da anni un livello di eccellenza. Questo porta inevitabilmente a fare dell’Opera di Firenze anche una formula da esportazione come in Tunisia. Quante richieste ha il Maggio in questo senso?
«Molte, che ovviamente vanno vagliate da un punto di vista artistico ed economico. Abbiamo inviti da Cina, Giappone e Sudamerica. È comunque un’attività con tante soddisfazioni, come la trasferta di Mosca con il tutto esaurito e venti minuti di applausi. A settembre andremo a Madrid, Bilbao e Verona. Voglio sottolineare poi la presenza al prestigioso Festival Enescu di Bucarest il 16 e 17 settembre 2019».
Tornando a Firenze, le volevo chiedere quale nuovo allestimento secondo lei avrà maggiori elementi di attrazione per il pubblico…
«Ogni titolo è come un figlio; mi verrebbe da dire tutti. Segnalo il Faust con la lettura di David McVicar che sicuramente farà discutere, il Flauto Magico coproduzione con Venezia con la regìa di Damiano Michieletto, e la Scuola dei Gelosi di Salieri, una coproduzione con più teatri che porterà i cantanti dell’Accademia in giro per l’Italia».
Concludiamo proprio con i giovani. In Tunisia ci sono gli allievi dell’Accademia del Maggio e a Firenze torneranno gli allestimenti con i ragazzi delle scuole. Quanto punta su di loro l’Opera di Firenze?
«Tantissimo, pensando alle ventitremila presenze grazie anche al lavoro di Giovanni Vitali con le scuole. Puntiamo nella prossima stagione a superare le 25mila unità, all’Opera di Firenze e al Teatro Goldoni, differenziando i repertori. Per quanto riguarda l’Accademia, abbiamo completato le selezioni con sei nuovi cantanti che si aggiungono a sei confermati così come lo sono stati i pianisti».