[wide]

[/wide]
Presentato il terzo volume del carteggio tra il compositore e l’editore milanese: “duello di intelligenze”
di Laura Bigi
Nel 1978 l’Istituto Nazionale di Studi Verdiani decise di avviare il progetto di edizione critica e di pubblicazione della corrispondenza verdiana. Un impegno importante e necessario, che avrebbe, e non poco, aiutato gli studiosi e i devoti appassionati del compositore ad arricchire il ritratto spirituale, intellettuale oltre che musicale del compositore. Il materiale da trattare è stato ed è tutt’ora ricchissimo. Verdi, uomo scrupoloso nonché assai geloso della sua opera e della sua gloria, conservò tutta la corrispondenza, che per fortuna oggi leggiamo in gran parte.
Approda, infatti, al terzo volume la pubblicazione del carteggio Verdi-Ricordi, che occupa gli anni dal 1886 al 1888, edito dallo stesso Istituto per la cura di Angelo Pompilio e Madina Ricordi, presentato al pubblico con un incontro organizzato dagli Amici della Scala presso Villa Reale. A presentare con orgoglio il lavoro svolto è Pierluigi Petrobelli, presidente del comitato scientifico, insieme ad Angelo Foletto, Madina Ricordi e Tino Cennamo, amministratore delegato della casa editrice Ricordi. Il volume segue nella sostanza la nascita delle ultime fasi compositive di Otello (1887), il suo debutto e la fortuna dell’opera in Italia e all’estero. Opera, Otello, nei confronti della quale Verdi ebbe un rapporto ambivalente di amore e insoddisfazione, di cui alcuni scritti sono fondamentale testimonianza; un momento nella carriera di Verdi nel quale lo stesso compositore prese coscienza della necessità di un cambiamento nelle forme del teatro d’opera che contemporaneamente lo allontana dalla sua naturale attitudine ad assecondare i gusti del pubblico.
Giulio Ricordi era il suo riferimento editoriale già da alcuni anni. Così diverso dal padre Tito, fu interlocutore colto e attento e intellettuale arguto, come dimostra la qualità letteraria delle sue lettere. Un vero “duello di intelligenze”, come lo definisce Petrobelli. Qualcuno lo ha definito “il figlio di Verdi” e “il papà di Puccini”, per inquadrare due momenti dell’esperienza accumulata prima (con Verdi) e poi messa a frutto (con Puccini). I lettori potranno ridisegnare, non senza gusto e un certo divertimento, un altro pezzo di storia della musica e insieme di storia editoriale italiana attraverso le 350 lettere, i telegrammi, i biglietti e gli appunti del celebre operista e del suo editore.
© Riproduzione riservata